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30 Dicembre 2006
Nabladue
Tempo di lettura: 2 minuti

LEZIONE DI ETICA: IL TEOREMA DI PITAGORA

Siamo in Grecia, nel IV secolo a.c. Un gruppo di studenti, tra cui Aristotele, assistono ad una lezione di etica. Tutti gli studenti rimangono sorpresi, nonché delusi: si parla di aritmetica e geometria.
Inizialmente pensano di aver sbagliato corso, increduli e sbigottiti continuano ad ascoltare.
“…i discorsi sul bene nel loro significato logico e ontologico si devono cogliere attraverso calcoli, misurazioni e rapporti Matematici”
Viene ribaltata la concezione tradizionale per cui l’etica, il vivere bene, si coglie attraverso la morale. Quale morale?
La morale religiosa, accettata per fede? La morale personale e quindi frammentaria,espressione del singolo e dunque tante morali tutte diverse ed in contrasto tra loro?
No, morale intesa come corretto modo di pensare, come ragionamento.
Non fede cieca in qualcosa di superiore lontano da noi ed inafferrabile, non assenza di morale e non più conflitto di milioni di morali.
Attraverso il ragionamento corretto, indipendentemente dal metodo utilizzato si arriva alla stessa soluzione.
Un’ etica che risolve i problemi quando si presentano, che non ha bisogno di leggi scritte ed imposizioni.
Se si riesce a tradurre la realtà in termini di misure e calcoli, si dovrebbe riuscire a farlo (o quanto meno tentare) anche per il Bene, che è non qualcosa di opinabile o imposto, ma è ottenuto attraverso il ragionamento ed il metodo corretto.
Se anche oggi, per molte persone il cervello e l’intelletto sono un peso, difficile da sopportare,
e la libertà di pensiero, a volte porta all’isolamento ed alla solitudine, in una società che ci obbliga
ad abbracciare e condividere il pensiero di qualcun altro, a comprare quello di cui non avremmo
bisogno, ad apprezzare quello che in realtà non ci piace, questo Maestro tanto fuori tema poi non era…

21 comments on “LEZIONE DI ETICA: IL TEOREMA DI PITAGORA”

  1. Ora.

    Bello questo tuo pezzo.

    Il problema è: riusciresti a far cambiare strada ai fan sfegatati di Maria de Filippi?

    Se ci riesci anche solo con uno allora la tua vita non sarà staa vana...

    Grazie per la riflessione.

    simpaticamente

    Almost

    ps. Benvenuto su splinder!

  2. Dì la verità, sei figlio di Piergiorgio Odifreddi! :DD

    Non so se ha del tutto senso la formalizzazione dell'etica (il comportamento umano implica contraddittorietà, antinomie, non-univocità ecc.).

    Però l'uso della ragione (quella vera, non la sequela di pregiudizi chiamata "buon senso") porterebbe a grandi risultati.

    Ho scritto porterebbe: il condizionale è d'obbligo, 'sta povera ragione viene pubblicamente insultata ogni giorno (e non solo da Maria De Filippi e soci!).

    Ottimo lavoro il tuo blog!

    Ah, vedo che la mia congettura di non formalizzabilità dell'etica la condividi: nel tuo "chi sono" all'inizio della pagina.

    Ciao!

  3. Vero; conosco abbastanza bene Odifreddi e il suo modo di pensare mi affascina, soprattuto il suo modo di "fare cultura" in maniera semplice. Non sono "logico" come lui, ma condivido con lui l'idea che la ragione e la scienza, al di fuori delle creazione di oggetti utili e affascinanti, dovrebbe essere maggiormente valorizzata come strumento di indagine.

    Grazie e sono felice che c'è chi apprezza, quando ho iniziato pensavo che non mi avrebbe letto nessuno.

    ciao

  4. La logica concerne al ragionamento dunque alla mente.

    La morale e più in generale l'etica competono piuttosto all'anima.

    Esistono infiniti ragionamenti logicamente corretti, ma concettualemte sbagliati.

    Limitarsi alla logica è troppo vincolante. Nella morale invece convergono anche altre cose, tipo il buon senso, la tradizione etc.

    La morale riga e compasso non mi convince. Molte persone superintelligenti, a questo punto, dovrebbero essere esempi di virtù morali a questo punto ed invece tendono sempre più a compiacere il proprio ego.

    No, non funziona, o per lo meno, non basta.

  5. Come avevo commentato, non è possibile formalizzare l'etica.

    Il post di nabla potrebbe essere una provocazione: osservando bene la nostra società si può dedurre (fra molte altre cose) che tante cose ingiuste, stupide, raccapriccianti sono dovute spesso alla semplice mancanza dell'uso della ragione, senza tirare in ballo concetti metafisici.

    Le persone "superintelligenti" che non sono esempi di virtù morali NON usano la ragione, evidentemente.

    E' chiaro che non è tutto riconducibile a riga e compasso.

    Però l'uso della ragione (ripeto, non del cosiddetto "buon senso") porta, come minimo, a capire l'importanza degli "altri", dunque ad averne rispetto, e ad avere una visione corretta della nostra posizione nel mondo, dunque a ridimensionare il nostro ego.

    Ciao.

  6. ?wilcoyote: non ho nulla da aggiungere, hai capito perfettamente il senso di quello che volevo dire, e non avrei potuto dirlo meglio del pittore con le parole in mano come ti hanno definito nel tuo blog. Aggiungo solo che se volete saperne di più potete consultare direttamente il maestro: Platone.

  7. ho parlato di superintelligenti e non di supergeni (il genio si sa che epr sua natura non usa solo la ragione, ma anche intuito, sensibilità ed altre capacità) per indicare gli individui in grado di sfruttare in maniera più profonda di altri la propria testa/ragione (quelli che nello slang americano sono definiti "square").

    La razionalità, in se', è fredda.

    Le cose ingiuste, stupide, raccapriccianti, il più delle volte, non sono dovute ad un difetto di ragione, ma ad un uso sbagliato di essa (per esempio: Costanzo è stupido? No, è piuttosto uno che ha deciso di impiegare le sue risorse intellettuali per fare soldi e mode). Ed a questo punto dovrebbe essere l'etica a spiegarci cosa è un uso giusto ed uno sbagliato. Ed adesso converrai con me che se l'etica dovesse derivare dalla logica sarebbe come il cane che si morde la coda.

  8. nel frattempo vedo che hai risposto anche tu, Nabla.

    Aggiungo solo che Platone, quando è diventato un po' più vecchio si è notevolmente ammorbidito circa certi concetti (appunto perchè si era avveduto del problema del cane che si morde la coda).

    Platone è uno che ha usato molto la testa e pertanto, senza nulla togliere al suo indiscusso valore, non è infallibile.

  9. Costanzo non è stupido, però ora, ha scelto di esserlo.

    “Molte persone superintelligenti, a questo punto, dovrebbero essere esempi di virtù morali”

    bisognerebbe chiedersi a che cosa la loro intelligenza pone attenzione. Un ingegnere intelligentissimo, che sa progettare l’inverosimile, potrebbe essere “eticamente” stupido perché non ha mai rivolto l’attenzione verso tali problematiche, anzi, a volte, è proprio così.

    Post 4: “Non sono "logico" come lui” intendeva dire che non nego le sfere emotive dell’uomo ma, la ragione deve fare da direttore d’orchestra senza negare tutto quello che l’uomo ha dentro (emozioni, passioni,…).

    Grazie per le riflessioni.

  10. prego, è un piacere.

    ma il problema ancora rimane: se la ragione fosse (piuttosto che il direttore d'orchestra), il capitano di una nave, quale dovrebbe essere la sua bussola?

    il problema del "su cosa si concentra la ragione" è probabilmente un finto problema, dato che per logica una persona intelligente dovrebbe saper distinguere tra ciò che è stupido e ciò che non lo è.

    Ma aquesto punto intervengono gli interessi, le passioni, le distrazioni e l'idea di fare una apologia della sola ragione non ha più senso visto che la sola ragione è pura astrazione.

  11. Infatti, "ragione pura" è un concetto metafisico, ovvero, nel mio modo di sentire, poco sensato.

    Credo che l'uso della ragione in ambito etico vada al di là di un meccanico discernimento di quello che è stupido e quello che non lo è.

    Il ragionamento etico più profondo sarà difficilmente distinguibile da quello che intendiamo per "bontà".

    Infatti, l'impiego dell'intelletto per interesse, per piegare gli altri al proprio volere implica il sottovalutare il prossimo e l'accettazione di metodi coercitivi che hanno a che vedere più con la legge della giungla che con Platone.

    Le emozioni sono importanti. Nella mia esistenza, fondamentali. La ragione può (e deve) guidarli verso un'etica di bontà, che viene prima della "giustizia".

    L'avidità, l'interesse smodato appartengono al "regno" delle emozioni, il loro sopravvento sulla ragione genera logiche perverse.

    ciao.

  12. ?1Cherub: dai che non siamo lontani da un punto d’incontro.

    Volevo solo fare una precisazione. La logica è una scienza con un ben determinato ambito applicativo con le sue regole e un suo contenuto formale che non sempre si adatta a tutti i campi. Io parlo di ragione, ragionamento, cosa stiamo facendo in questa discussione?

    Proprio quello.

    Se ad esempio, in noi prevalesse una passione come l’ira, non arriveremmo mai ad un risultato corretto e costruttivo ma inizieremmo ad insultarci e magari, se fossimo dal vivo anche a picchiarci (per fortuna siamo dietro il pc). Se prevalesse un sentimento di prevaricazione, ognuno cercherebbe imporre la propria idea senza ascoltare quella dell’altro. Se avessimo paura di offendere l’altro, nessuno tenterebbe di esprimere le proprie idee. Invece passioni al servizio della ragione ci permettono di portare avanti questo bel confronto, che non sarebbe possibile qualora una passione prevalesse sulle altre e sulla ragione stessa.

    se la ragione fosse (piuttosto che il direttore d'orchestra), il capitano di una nave, quale dovrebbe essere la sua bussola?

    In questo caso (e nel caso di Costanzo) ritengo che intervenga un terzo fattore: la volontà. Cosa determina la volontà? Probabilmente è una cosa innata, quello che fa tendere ciascuno di noi a quello per cui siamo nati: Platone per filosofare, Einstein per la fisica, Costanzo per fare lo scemo arricchendosi.

    Grazie ciao

  13. Lo credo anche io, che il punto d'incontro ci sia, anche eprchè deve esserci se no almeno uno di noi si sta prendendo in giro e non credo sia il caso.

    Al termine del mio primo commento ho detto che la logica,che a questo punto usiamo come sinonimo di ragione, non basta da sola, ma per utilizzare un linguagigo matematico, è condizione necessaria ma non sufficiente.

    Per il resto, hai detto delle sante parole: è un piacere scambiarsi opinioni che speriamo non rimangano solo dei bei ragionamenti.

    a presto

  14. Forse nn è cosi' utile tentare di discutere un post inserito più di un anno prima ed in tal caso me ne scusi il lettore.
    Cmq credo dapprima convenga distinguere due definizioni di sentimento, e spero renda il discorso + chiaro: in un primo caso ci riferiamo al senso di "piacere", x un cibo gradito, una ventata di aria fresca, eccetera; nel secondo caso il sentimento di "bontà", verso il prossimo, gli oppressi, di "finalità" o altro: ebbene, se è chiaro che nel primo caso parliamo di un dato "impulso" che giunge alle cellule nervose e cosi' genera una sensazione di piacere alieno dall'esprimere giudizi o volontà (possiamo quindi escluderlo da questo problema di "etica"), nel secondo caso (esempio: sentimento di "bontà" verso il prossimo) trattasi di una serie di connessioni di cellule celebrali e nn so che altro, quindi simili a quelle che ci permettono di pronunciare giudizi ma tanto + semplici e, nel complesso, di + breve durata tanto da apparirci di natura diversa, "intuitive" appunto. Di queste ci possiamo servire utilmente quando si richiede una "risposta" immediata (stiamo x essere investiti, ustionati, ecc..): il "difetto" possiamo dire, seppure in modo piuttosto improprio, rispetto a quello che indichiamo come "ragionamento" proprio o "logico" sta nella minore numero di connessioni, capacità di reagire a dati, impulsi, ottenuti dall'esterno = minore capacità di considerare fattori reali, quindi, ne deriva, di dedurre a partire da quelli cio' che è inerente alla realtà. Se allora parliamo di una (nn esatta) grande differenza "quantitativa" o "di grado" tra la "sensazione" e la "logica", x quale motivo un problema, inerente x altro un concetto di grande "estensione", dovrebbe riguardare il "grado minore" (la sensazione)? Notiamo infatti, ad esemio, che sebbene "inconsciamente" la pietà verso un simile che vediamo sofferente può consistere (grossolanamente, e me ne scuso) in questo: essere vivente a me simile = me, soffre - soffrire = male ecce,ecc (nn continuo x puro senso del ridicolo). Se poi ci soffermiamo su di esso, consideriamo + "logicamente" cause, entità, conseguenza del proprio dolore. Altro è, come è gia stato detto nei precedenti commenti il comportamento di date menti considerate, come dire, superiori alla media: se nn ci appare che questi abbiano "eticamente" agito in modo proporzionale al proprio sapere "tecnico" si consideri che gli stessi avrebbero potuto essere "ignoranti" di altri fatti, problemi, + o - etici (in alternativa siamo noi a sbagliare, nn attribuendogli una buona condotta, forse poichè sono "sbagliati" i nostri principi etici). Diremo poi che le questioni etiche sono cosi "generali" da nn poter essere (ancora ?) formalizzate, cosicchè, a dispetto di quanto avviene nelle scienze esatte, nn è possibile affermare un' idea come universalmente valida - se ordinassimo le seguenti "scienze" dalla più esatta e via decrescendo diremmo: matematica, fisica, storia, etica (mi scuso ancora x l'esempio banale). Riguardo alla volontà, sostengo (ma la questione è forse irrisoria) possa essere una definizione piuttosto "impropria": secondo la formula dell' "intellettualismo etico" al quale ci rifacciamo, ognuno decide di agire (o no) secondo in proprio pensiero - ognuno fa cio che ritiene il proprio bene, la volontà, in questo caso, è un concetto "piatto" o del quale si potrebbe forse fare a meno. Potremmo utilizzare il termine x indicare una condotta + o - improntata all'azione, ma questo è iun altro paio di maniche.

  15. Ciao Vittorio, anche se il post è vecchi, l'argomento è sempre attuale.
    Io penso che la discussione si sia sviluppata in questi termini (a cui anche tu hai accennato): partire da un intellettualismo etico per poi capire che la sola ragione non basta, e che quindi richiede l'appello a questa strana, ma reale e potente forza, che è la volontà. In concreto ciò che distingueva Socrate da un bruto, era sì la ragione, ma in modo più determinante era il carattere di Socrate:egli era un uomo di buona volontà e sapeva ben ragionare proprio perchè la sua volontà era indirizzata verso il Bene. In un ribaltamento delle tesi platoniche, non è la ragione che ci fa trovare il Bene (da cui tutto deriva) , ma è la volontà che, se buona (o orientata correttamente ) si dirige verso il Bene.
    ciao

  16. Cominceró dall´alfa perché questo blog merita . Il primo anno di filosofia,il mio professore diceva continuamente :
    " il bene é l frutto della sapienza
    il male é il frutto dell´ignoranza."
    Non ricordo bene se citasse qualcuno o fossero sue parole.
    Ogni volta che rimembro questa frase,non so perché ma penso contemporaneamente ad Andreotti.
    Allo stesso modo a Platone che dopo aver teorizzato concetti come democrazia e Repubblica,rinunció di fatto a cariche pubbliche.
    Suo il " é piú facile convincere un tiranno ,che le masse".
    Non so se sono andata fuori tema ma quando sento parlare di etica,poi finisco sempre col parlare di politica.
    Buona giornata.

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