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Aristotele: l'utilitarismo nell'amicizia

L'amicizia e l'utilità. L'amicizia fondata sull'utilitarismo

Ci sono, come abbiamo detto nei precedenti paragrafi, tre tipi di amicizia fondate rispettivamente sull'utilità, sul piacere e sulla virtù. Accuse e rimproveri nascono solamente, o soprattutto, nell'amicizia fondata sull'utilità. Infatti, quelli che sono amici in modo disinteressato e solo per virtù vogliono farsi del bene reciprocamente, giacché questo è proprio della vera amicizia. Neppure nell'amicizia fondata sul piacere ci sono contese: entrambi gli amici ottengono quello che desiderano se il loro godimento sta proprio nel vivere insieme.

Invece l'amicizia fondata sull'utilità può dar luogo ad accuse ed incomprensioni perché gli amici sono in reciproca relazione in vista di un vantaggio e vogliono ottenere sempre di più. Spesso gli amici per utilità credono di ricevere meno del dovuto e rinfacciano all'altro di non ottenere da lui tanto quanto chiedono, pur essendone meritevoli. E, d'altra parte, coloro che fanno i benefici non possono soddisfare tutte le richieste di quelli che i benefici li ricevono.

L'amicizia fondata sull'utile può essere suddivisa in due sottospecie, una morale e una legale. L'amicizia legale si fonda su patti espliciti ed è di due specie: quella strettamente commerciale si realizza come scambio immediato da mano a mano, l'altra, più liberale, concede del tempo, dopo aver stabilito la proporzione tra il prezzo e la merce. In quest'ultimo tipo di rapporto il debito è chiaro e non equivoco, anzi c'è qualcosa di amichevole nella proroga del pagamento: è per questo che presso certi popoli non c'è la possibilità di portare in giudizio per queste cose, ma si pensa che coloro che stringono patti sulla fiducia debbano rassegnarsi al rischio.

L'amicizia morale, invece, non si fonda su un patto esplicito, ma, sia che si faccia un dono, sia che si renda un qualsiasi altro servigio a qualcuno, glielo si fa in quanto amico e in modo liberale: tuttavia, si da per scontato il fatto di ricevere altrettanto o di più in cambio, come se non si fosse fatto un dono, ma un prestito.

Questo succede per il fatto che tutti, o i più, vogliono il bene, ma scelgono invece l'utile; d'altra parte, bello è fare il bene senza avere di mira un contraccambio, mentre utile è ricevere dei benefici. Chi può, dunque, deve contraccambiare il valore di ciò che ha ricevuto. E l'accordo dovrebbe consistere nell'impegno di contraccambiare in base alle proprie possibilità: d'altra parte, neppure il benefattore lo dovrebbe esigere, se l'altro non ha la possibilità di contraccambiare in maniera proporzionale. Cosicché, se è possibile, bisogna contraccambiare. Fin dal principio, però, bisogna badar bene alla persona da cui si riceve un beneficio ed a quali condizioni, per sottostarvi o rifiutarle.

C'è poi la questione se si deve misurare il beneficio con il vantaggio di chi lo riceve e proporzionare ad esso il contraccambio, oppure se si deve commisurarlo alla benevolenza di chi lo fa. I beneficati, in effetti, dicono di aver ricevuto dai benefattori cose che erano per questi ultimi di poco valore e che sarebbe stato possibile ricevere da altri, minimizzandole; d'altra parte, i benefattori affermano, al contrario, di aver donato i loro beni più grandi, e che non sarebbe stato possibile ricevere da altri che da loro, sia nel momento del pericolo sia in simili situazioni di bisogno. Dunque, se l'amicizia ha per fondamento l'utile, non si dovrà dire che la misura è il vantaggio di chi riceve? Questi è, infatti, colui che ha bisogno, e il benefattore lo soccorre con l'intenzione di riceverne un vantaggio uguale o quantomeno utile. Quindi, se l'aiuto è stato tanto grande quanto il vantaggio di chi l'ha ricevuto di conseguenza si dovrà cercare di ricambiare il benefattore al meglio delle proprie possibilità. Al contrario, nelle amicizie fondate sulla virtù non c'è luogo per accuse, ma ciò che funge da misura è la scelta del benefattore, perché l'elemento principale di questo tipo di amicizia sta nella virtù e nel saper dare senza aver nulla in cambio.

Tratto dal libro VIII dell' Etica a Nicomaco Di Aristotele

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