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La concezione politica di Platone

Ci sarà un buon governo solo quando i filosofi diventeranno re o i re diventeranno filosofi.(Platone)

Il re filosofo di Platone Il re filosofo di Platone realizzato trami l'intelligenza artificiale

La concezione dell'uomo e l'anima secondo Platone

Per comprendere la politica di Platone, bisogna partire dalla concezione che Platone ha dell’anima e dell’uomo.
Fondamentale è il dualismo anima/corpo. Queste due entità sono nettamente separate e antitetiche.
L’anima è la parte pura dell’uomo, il copro è quella torbida.

“L’anima è in sommo grado simile a ciò che è divino,immortale,intelligibile,uniforme,indissolubile,sempre identico a se medesimo, mentre il corpo è in sommo grado simile a ciò che è umano, mortale, multiforme, inintelligibile, dissolubile e mai identico a se medesimo”:

I mali dell’uomo sono dovuti principalmente al copro ed ai suoi desideri irrefrenabili.

“Infatti, il corpo ci procura innumerevoli preoccupazioni per la necessità del nutrimento; e poi le malattie, quando ci piombano addosso, ci impediscono la ricerca dell’essere. Inoltre, esso ci riempie di passioni,amori, di paure, di fantasmi di ogni genere e di molte vanità, di guisa che, come suol dirsi, veramente, per colpa sua, non ci è neppure possibile pensare in modo sicuro alcuna cosa. In effetti, guerre, tumulti e battaglie non sono prodotti da null’altro se non dal corpo e dalle sue passioni. Tutte le guerre si originano per brama di ricchezze e le ricchezze noi dobbiamo di necessità procacciarle a causa del corpo, in quanto siamo asserviti dalla cura del corpo.”

Il corpo viene visto come prigione dell'anima e,per questo, è ciò che causa i mali della società civile.
“Mi vergogno di avere un corpo” – dirà Plotino portando ad estreme conseguenza il dualismo platonico.

Dunque prima di tutto un buono Stato è quello che cura l’anima e tiene a bada il corpo e le sue volizioni. Lo Stato deve provvedere al sostentamento dei cittadini, ma evitare gli eccessi. È richiesta moderazione nei piaceri carnali e frugalità nell’alimentazione.
Il governo deve educare i cittadini e se necessario intervenire in modo autoritario, per evitare che i desideri del corpo prendano il sopravvento sull’anima.

Le tre anime

Ma la stessa anima, in realtà, non è unita. Essa è divisa in parti molto diverse tra loro: concupiscibile, irascibile e razionale.

L’anima concupiscibile è quell’anima che appetisce alla realizzazione di qualcosa. La sua virtù è la temperanza.
L’anima irascibile desidera combattere. La sua virtù è il coraggio.
L’anima razionale è quella che ama il pensiero. La sua virtù è il verità.

L’uomo buono è quello che riesce a coordinare armonicamente le tre parti dell’anima in modo armonico.

“Come abbiamo detto più volte che in noi furono collocate tre specie d'anima in tre luoghi diversi, ciascuna con movimenti suoi propri, così anche ora si deve dire nel modo più breve che quella di esse, che rimane inattiva e lascia riposare i suoi movimenti, diviene necessariamente la più debole, e quella che invece si esercita, la più forte: e perciò si deve badare che ci sia proporzione fra i loro movimenti. (Timeo, 89 e 90 d)

Lo stato buono e il buon governo

Lo Stato buono è come uno specchio dell’uomo buono. Ognuno deve fare ciò che gli compete, in rapporto armonico con le altre componenti dello stato.

Come immagine del corpo, Platone divide lo Stato in tre classi che egli chiama funzioni, dato che i membri sono distinti solo dai compiti gli vengono assegnati, ma hanno parità di diritti. Tutte e tre le classi sono indispensabili nello svolgere bene quello che gli compete.
E così l’anima concupiscibile è più adatta al lavoro produttivo. L’anima irascibile è più adatta alla difesa della città. L’anima razionale è quella dei filosofi che devono governare. Perché proprio i filosofi?

Il filosofo re

In modo ingenuo (ma forse neanche troppo falso), potremmo dire perché Platone è un filosofo ed è caduto nello stesso errore che Socrate aveva tanto criticato: pensare che la propria disciplina sia l’unica che possa cogliere la verità, mentre le altre le sono inferiori.
In modo più benevole potremmo dire che il filosofo, in quanto amante disinteressato del sapere e della ragione, è in grado di determinare la verità ed, in termini platonici, è l’unico può cogliere l’idea del Bene: il filosofo è l'unico vero politico.

Dunque, gli uomini vengono classificati in base ad alcune caratteristiche naturali. Bisogna tenere presente però che il possesso di un certo tipo di caratteristica non è esclusivo. L’uomo non è una sola delle tre parti, ma sono sempre presenti tutte, anche se c’è la predominanza dell’una o dell’altra. Lo stato ottimo è quello che riesce ad organizzare meglio le attività in funzione delle peculiarità proprie di ciascuno, per cui ognuno faccia ciò che gli compete in armonia e in sottomissione alla ragione dei filosofi, che a loro volta sono sottomessi all’idea del Bene.

Lo stato

Lo stato è quindi molteplicità, che si costituisce in unità. E unità che si sviluppa nella molteplicità dei singoli (procedimento dialettico).
La politica estera ricalca la struttura dell’organizzazione interna. La Grecia va unita, mantenendo l’autonomia delle parti. Le città nella loro unità devo essere in armonia con lo stato intero.
Se non ci sarà unità ma discordia, i barbari avranno la meglio.

Come abbiamo detto, tutti i cittadini sono uguali e Platone sottolinea come gli uomini siano tutti fratelli. Le opportunità nella società sono uguali per tutti, indipendentemente dalla nascita.
Un uomo può anche diventare parte di una classe differente da quella della famiglia di origine.
Tutti devono avere gli stessi privilegi: dall’operaio al politico.
Tutti devono avere lo stesso quantitativo di beni materiali, in modo che non nascano gelosie ed invidie. I beni sono dello stato che li condivide con i cittadini, ma la proprietà privata è pericolosa. Addirittura anche le famiglie devono perdere la propria identità.

filosofo

filosofo

"Queste donne di questi nostri uomini siano tutte comuni a tutti e nessuna abiti privatamente con alcuno; e comuni siano poi i figli, e il genitore non conosca la propria prole, né il figlio il genitore. " (Repubblica 457 d)

Non sapendo di chi è figlio un ragazzo, tutti gli appartenenti alla comunità lo tratteranno bene perché avranno sempre il dubbio che sia uno dei loro figli. La discriminazione non viene dunque fatta in base a privilegi di classe, ma solo in base alla realizzazione di sé, mediante una specifica funzione. In altre parole è un sistema basato sulla meritocrazia.

La giustizia

La definizione dello stato parte dell’idea di giustizia. La giustizia non ha senso se riferita a singolo, ma esiste solo in quanto si risolve in rapporti con lo Stato. L’uomo è, per sua natura, in rapporto con gli altri e dunque non c’è uomo senza società e senza stato.

"Secondo me, uno stato nasce perché ciascuno di noi non basta a se stesso, ma ha molti bisogni. Cosí per un certo bisogno ci si vale dell'aiuto di uno, per un altro di quello di un altro: il gran numero di questi bisogni fa riunire in un unica sede molte persone che si associano per darsi aiuto, e a questa coabitazione abbiamo dato il nome di stato." (Repubblica 369 b-c)

Se fossimo ancorati alla visione del singolo uomo, resteremmo chiusi nel mondo delle opinioni. Perché sia attuabile il Bene, occorre rendere la politica una scienza. Lo stato giusto è quello che rende giusti i cittadini, come singoli e nello stesso tempo come parte di un tutto (notiamo ancora una volta il discorso dialettico, unità nella molteplicità e molteplicità nell’unità). La giustizia si attua nello stato, se ognuno fa quello che gli compete. Lo stato esiste solo se i singoli svolgono bene le proprie funzioni. La giustizia è dunque “fare ognuno ciò che gli compete” per il Bene dello stato, in armonia con gli altri componenti della società. Dunque i cittadini devono sottomettersi all’ideale della Giustizia e operare in funzione del bene dello stato svolgendo bene le proprie mansioni.

"Il nostro scopo nel fondare lo Stato non è di rendere felice un unico tipo di cittadini, ma che sia felice quanto il più possibile lo stato nella sua totalità."
(Repubblica, 420b-c)

Le forme di Governo

Lo stato di Platone non è ne Democratico né Oligarchico. La democrazia è troppo dispersa nel conflitto dei “demi” e dei singoli. Con il passare del tempo, si genererebbe una lotta di potere che sfocerebbe in cicli di oligarchie e tirannidi. Anche queste ultime sono forme di governo negative in quanto non c’è conflitto, ma non c’è neanche armonia.
Più in particolare,le forme degeneri di stato sono:

  1. Timocrazia :governo di chi aspira agli onori e al potere;essi sono un guaio per la città perché propongono una politica aggressiva ed imperialistica per avere onori.
  2. Oligarchia: governo di chi aspira ai beni materiali e tende a impoverire gli altri per arricchirsi; provocano sofferenza nei poveri e instabilità (per la possibile nascita di ribellioni).
  3. Democrazia: ogni gruppo tenta di imporre le proprie idee; lo Stato divine tanti stati separati tra loro. C’è dispersione e governa l’utile di chi si sa imporre.
  4. Tirannide: potere dispotico di un singolo. È La peggiore forma di governo. E il tiranno è costretto a realizzare uno stato di terrore generalizzato, per mantenere il potere.

Lo stato razionale: la prima forma di utopia

Platone propone uno stato razionale. La politica diventa scienza, non è più opinione. Lo stato deve essere ordine e misura, non disperso, conflitto opinione, ma scienza, armonia, governo di sé.

A questo punto, tutta la vita dello delle persone è regolata in ogni particolare. La vita dei cittadini è dello stato. Platone, nella Repubblica, e più a fondo nelle Leggi, arriva a sviluppare un’analisi minuziosa di ciò che dovrebbe essere vietato e permesso. Addirittura arriva a proibire alcuni tipi di arte. La poesia, sia quella omerica che quella contemporanea, per Platone, ostacolano la formazione dell’uomo perché tendono ad agire sugli affetti e sull’immediatezza sensibile, in quanto danno origine a pallide e fantasiose imitazioni della realtà (mimesi fantastica) che sollecitano la parte meno divina dell’anima. Il poeta è equiparato al sofista, entrambi sono illusionisti: incantano le persone con la menzogna. Ancora peggiore è il giudizio che Platone dà delle arti figurative che, essendo ancora più legate alla sensibilità, andrebbero bandite in modo definitivo.
Solo la poesia, se fosse tesa verso l’imitazione del bello e del giusto, potrebbe essere utile per avvicinare l’uomo al vero, come imitazione del vero (mimesi icastica).
Stesso percorso per la religione. Gli dei sono buoni, devono essere bandite tutte le opere che li rappresentano come uomini irascibili, voluttuosi e vendicativi.

“E allora torneremo a pregare Omero e tutti gli altri poeti di non mettere in scena un Achille, il figlio di una dea, mentre talora giace su un fianco , tal altra
si trova supino, tal altra ancora piegato innanzi,
oppure mentre ritto sui piedi, si aggira fuori di sé sulla spiaggia del mare agitato.

Neppure dovrebbe mostrarci, come in effetti ci ha presentato, un Achille che indulge a pianti e lamenti, e neppure un Priamo, un uomo di stirpe quasi divina, nell’atteggiamento di un supplice e di chi, avvoltolandosi nel fango chiama nome per nome ciascuno degli uomini”.

Gli Dei e gli eroi devono essere rappresentati come modelli di vita e di virtù. I modelli di comportamento negativi narrati dai poeti stimolano all’ingiustizia ed alla malvagità e finiscono per legittimare i comportamenti immorali degli uomini.
Insomma,la poesia e la religione devono educare l’uomo alla giustizia. (vedi Amleto per approfondimenti)

Chiudiamo questa parentesi con le parole di Mario Andrea Rigoni che sintetizzano per noi moderni il rapporto tra Platone e le arti figurative: "Se Platone avesse potuto conoscere il cinema, sarebbe morto di terrore."

L’educazione proposta nella Repubblica è piuttosto rigida e deve essere specifica per ogni classe.
Quella dei filosofi in particolare prevede: un primo periodo di istruzione e di ginnastica che va fino ai 20 anni; dieci anno di studi (dai 20 ai 30) in varie discipline ed, in particolare, della matematica; a questo punto i più capaci possono essere avviati alla dialettica fino ai 35 anni. Dai 35 ai 50 anni devono iniziare a praticare attività politica; e infine, i veri dialettici,coloro che hanno raggiunto la conoscenza filosofica, potranno - dai 50 anni in poi - governare a turno la città, dedicando il resto del tempo alla filosofia.

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