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Chatta con Nabla
30 Aprile 2007
Nabladue
Tempo di lettura: 3 minuti

Il linguaggio e il suo complicato rapporto con la verità

Il linguaggio e la parola hanno dei limiti intrinseci. Perfino la logica, la scienza più rigorosa che esita, non può essere utilizzata per costruire un linguaggio perfetto. Infatti, i teoremi di incompletezza di Gödel del 1931 hanno definitivamente stroncato tutti i tentativi di creare un linguaggio logico privo di qualsiasi imperfezione. (per approfondire vedi: i limiti del linguaggio)

La verità è qualcosa che tende a sfuggire anche alle leggi della logica. Il linguaggio è ancora più fuorviante ed introduce un grado di approssimazione ulteriore alla traduzione dei concetti puri. Ci sono filosofie che credono alla corrispondenza tra suono e essenza degli oggetti, tra scrittura e parola di Dio. Esse sostengono che i suoni emessi creino un ponte tra il parlante e la vibrazione dell’ oggetto ( anche se non si capisce mai bene per “vibrazione” cosa intendano). In poche parole, in termini più scientifici, le frequenze dei suoni emessi per pronunciare una parola sono in rapporto armonico con le misteriose vibrazioni dei corpi. Quindi la parola, anziché interpretazione e simbolo (come ci dice la linguistica odierna), è creazione. Questo permette a Dio ed all'uomo di creare mediante la parola: pensiero, parola, e realtà sono piani di esistenza inevitabilmente legati tra loro: da un piano ontologico, si può agire sugli altri.

Un concetto simile è quello che vede i testi religiosi come la parola stessa del divino messa sua carta. L’errore e la confusione – a mio avviso – nascono quando si confondono i due piani terreno e ideale-divino. Se ovviamente leggiamo le scritture in modo simbolico, allegorico e comprendiamo che come nasce lo scritto, sorge anche l’interpretazione, il significato che possiamo attribuire alle scritture è quello di “ parole che ispirano ”. Infatti, mentre la parola di Dio non si potrebbe perdere nella temporalità, la comunicazione umana deve comunque avvenire su supporti materiali.
Quindi dovremmo al limite dire che la scrittura rappresenta la “parola di Dio” tradotta per uno specifico popolo, che vive in un determinato periodo storico. In questo modo, non saremmo portati a pensare che la parola di Dio è immutabile. In realtà, non è la parola di Dio che cambia, ma è l’uomo stesso. Dio comunica all'uomo solo quello che l’uomo può recepire in determinato periodo storico ed in una determinata area geografica.

Com'è possibile che ognuno pensa di avere la verità ? In realtà, ce l’hanno tutti, ma solo dalla propria prospettiva. Per questo bisognerebbe pensare ad una religione universale che rispetti anche gli sviluppi locali.

Tornando alla logica, ci sono altre culture che non hanno tentato di sviluppare un vasto apparato teorico come quello della logica occidentale, probabilmente proprio perché hanno compreso subito i suoi limiti intrinseci, decidendo di non focalizzare i loro sforzi in quest’ambito di ricerca.

I Buddhisti non credono che con il linguaggio possa essere colta la verità, anzi bisogna fare a meno della “ parola ” per cercare la verità. La parola è ingannevole, può essere inutile, dannosa, apparenza, falsità. Astenersi da maldicenza, ingiurie, offese, pettegolezzi, discorsi inutili, futili: se non ha nulla di importante da dire, il buddhista deve rimanere in “nobile silenzio”. In alcuni casi si arriva fino alla rinuncia completa del linguaggio verbale.

Noi siamo occidentali, la nostra cultura è profondamente diversa. Se la logica ha i suoi limiti, rimane pur sempre la scienza più rigorosa che esista. Non dobbiamo di certo abbandonare la “ parola ” e non penso si possa uscire totalmente dalla logica del linguaggio.

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31 comments on “Il linguaggio e il suo complicato rapporto con la verità”

  1. Wow!
    Bel post, ragazzo!
    "Allontanare l’ansia della parola, la paura dei silenzi"
    Verissimo. Soprattutto in Italia si tende a straparlare. Apprezzo moltissimo il tuo passaggio sul dialogo contro un susseguimento di monologhi.

    E' incredibile di quanto la gente abbia bisogno di parlare e raccontare di sé per provarsi di esistere, e di esistere "più" degli altri. Lo trovo terrazzante. E mi includo, credo che siamo passati tutti da periodi o "fasi" della crescita in cui avevamo bisogno di esternare il nostro essere con la parola, il racconto. L'asfissia, poi, perché le risposte ci erano in realtà indifferenti.

    Apprezzo molto le persone che incontri per la prima volta e ti ascoltano, poi si svelano un po', poi ascoltano di nuovo ed interagiscono. E' un delicato gioco di calibro ed equilibrio: siamo indue a parlare: dialoghiamo, impariamo cose nuove, vediamo come la pensi su questo o quello, quel che mi puoi dare, quel che ti posso trasmettere.

    NON "quel che ti posso far vedere che so". Quello lo sappiamo già. E' una gran perdita di tempo, ma lo fanno in tanti.

    Be', qua nel post fai dei monologhi, ma il bello è che poi s'istaura un dibattito nei commenti.

    E qua va la prima impressione.

  2. Amare il silenzio vuol dire anche saper ascoltare prima di tutto noi stessi...leggere dentro di noi per conoscerci, capirci, comprenderci ed accettarci...si parte dall'interno di noi, dal centro per uscire e aprirci all'esterno...solo così potremmo capire gli altri e creare uno stato di empatia che ci pemetterà di raggiungere una comunicazione più fluibile con l'altro...ciaooooooo

  3. Per comunicazione possiamo intendere uno scambio di sapere, di emozioni tra due persone, o tra gruppi di persone, tra una persona e un gruppo, e così di seguito, che abbia almeno due caratteristiche, cioè la parità di ruolo tra chi trasmette e chi riceve, quindi la possibilità per chi riceve di trasmettere a sua volta e la possibilità per chi trasmette di ricevere a sua volta, parità di ruolo quindi - tant'è vero che l'esempio più lampante di vera comunicazione è la conversazione interpersonale, faccia a faccia, in cui le due persone hanno lo stesso ruolo comunicativo, possono interrompersi, correggersi, chiedere informazioni su quanto è stato detto, eccetera - e, seconda caratteristica, la partecipazione a questo scambio comunicativo.
    "Gianfranco Bettetini"
    ciao francesco

  4. Spora proprio quello che intendevo.

    Poco tempo fa ho conosciuto una persona in treno (uomo per chiarire): eravamo disposti al dialogo: ad ascoltare e parlare, a capire tramite i racconti, le riflessioni dell’altro ad aprirci realmente senza imbarazzo…è stato molto bello. Il dialogo vero va oltre il tempo: ci si può conoscere da anni ma non aver mai dialogato, si può parlare con un sconosciuto ed uscirne arricchiti.

    P.S.

    alcuni post potrebbero anche essere chiamati “inizi di dialoghi”…

    Matisse: anche per me bisogna iniziare sapendo dialogare con sé stessi…

    Francesco: probabilmente la parità di ruolo è importantissima, ma secondo me serve la “volontà” di volere il vero dialogo: l’intento. Ad esempio se mi siedo ad un tavolo per cercare di far vedere che sono meglio degl’altri creerò diffidenza e ostilità ma non empatia…

  5. nella parola dialogo c'è il "logos" l'idea, la parola, il ragionamento e il "dià", l'attraverso, il mezzo,il contro, la parola è mezzo per il dialogo, e allo stesso tempo il dialogo deve fluire attraverso, tra due persone, da una contro l'altra e viceversa...sono un sostenitore del silenzio da sempre, lo invoco ogni volta che ascolto banalità, lo cerco quando devo capire, il silenzio è la condizione imprescindibile per l'ascolto; ho sempre creduto che quando non c'è coerenza tra parola e azione la verità sia da attribuire all'azione. Eppure...eppure la parola è indispensabile, anche quando se ne abusa, forma e sostanza sono concetti non separabili, anche quando la parola non rappresenta,anche quando mistifica, può avere una bellezza intrinseca, anche quando il dialogo si tasforma in polemica può rappresentare un momento di crescita...l'astrattismo non rappresenta nulla eppure ha una forma che può emozionare, che può "servire" per il solo fatto di esistere, l'architettura spesso perde di vista la funzione eppure...eppure moriremmo senza la bellezza, si cresce anche attraverso le cose che non 'servono'...
    Fra

  6. "ho sempre creduto che quando non c’è coerenza tra parola e azione la verità sia da attribuire all’azione." parole sante...

    Marco: 🙂

  7. Una canzone dei Garbage si intitola: "Silence in golden". La band può anche non piacere, ma che grande canzone che hanno fatto, mi piace già, solo per il titolo. Elisa.

  8. elogio del silenzio, elogio del dialogo come percorso di condivisione, non come esposizione di propri monologhi: non posso che essere d'accordissimo con te, nabla. a presto eh!
    🙂

  9. Ragiona facilmente in modo positivo chi prospera nel mondo e non è vittima della sua iniquità. Ma chi è emarginato dalla morale e dalla cultura egemone vede le cose in modo più chiaro. Ti confido un segreto, Nabla: IO SONO UN VIRUS.

  10. Ecco finalmente trovato il significato ultimo di un aneddoto che mi raccontò il cappellano militare durante una nostra discussione: Una diatriba teologica tra un rabbino e un sacerdote venne chiusa dal rabbino quando all'ultima affermazione del sacerdote oppose un (adesso) significativo: "Questo è troppo logico per essere vero!" E quel sacerdote nel riferire al cappellano militare (erano amici) la cosa, aggiunse: "Credo che avesse ragione.."

    Mentre io il silenzio l'ho sempre amato e quindi figurati se potrei dire qualcosa contro. Diverso è il discorso sull'esigenza di essere ascoltati in contrasto con l'incapacità di prestare ascolto. Chi stabilisce se sia uno o l'altro a rifiutarsi di ascoltare quando si è in presenza di due che parlino nello stesso momento? (E magari di cose diverse..)

    Saluti a tutti. 🙂

  11. Elisa: non la conosco (in ambito musica autori e canzoni sono veramente una zappa) ma il titolo ispira anche me…

    Albatros: sì, al prossimo dialogo allora 🙂

    DeMoNsSs: grazie a presto.

    ...
    anche i virus svolgono un ruolo importante Antares. Sono contento che hai tentato di infettare anche me…

    Fumblindog: l’ascolto è un’attitudine secondo me. Saper ascoltare non è solo riferito alle parole è qualcosa di più ampio, è una capacità che si può avere o no oppure può essere acquisita…Ad esempio la meditazione sviluppa la capacità di ascolto.

    Rispetto alla tua domanda: probabilmente in molti casi possono essere anche entrambi che si rifiutano di ascoltare . Chi lo stabilisce: io penso si capisca. È come chiedersi chi stabilisce che un calciatore sia più bravo di un altro…

  12. Per carattere sono un tipo che "ascolta" e grazie a questo imparo. saper ascoltare aiuta a capire, l'ascolto è il mezzo per dialogare. nella maggior parte dei casi c'è l'arroganza di non ascoltare ma far finta di ascoltare per imporre le proprie idee. Il vero dialogo nasce senza limiti, preconcetti e perchè si sa ascoltare.

  13. Il silenzio non è facile da ascoltare, lui non risponde e quindi per paura che possa dire cose che non riusciremmo a comprendere o che possa svelarci realtà di cui preferiremmo ignorare l'esistenza..spesso si trova più facile romperlo...con parole d'occasione e con discorsi senza senso! Lunga strada per arrivare ad un dialogo costruttivo, ad un interscambio reale...un qualcosa che ci arricchisca e ci aiuti a crescere come uomini....
    Ma come si può cambiare questo mondo? un mondo che si nutre di parole gettate al vento....? sarebbe un sogno...!!! Dal canto tuo Nabla....tu almeno ci stai riuscendo e dovresti esserne fiero!...grazie a questo tuo bellissimo blog che ti consente di PARLARE e DIALOGARE nel vero senso delle parole....e che arricchisce anche me e tutti coloro che lasciamo una traccia di se stessi....passando di qua!
    ciao, serena 🙂

  14. Sulla fallacità del linguaggio credo tu abbia detto già quello che c'era da dire, perciò, per evitare inutili ridondanze, voglio puntare il dito un attimo sul punto in cui parli dell'importanza del silenzio. Io credo che questo oggi sia un problema veramente gigantesco, perché nella società occidentale attuale il silenzio viene considerato come "mancanza", oserei dire quasi come una "pre-morte". Le persone si sentono sempre obbligate a dire la loro, anche quando non hanno un'opinione ben precisa ed anche quando non sono informate. Sembra che l'importante sia "esprimere". Non importa cosa. E questo ci ha portati ad una iperproduzione di comunicazione fine a se stessa, che spesso ci impedisce di trovare, in mezzo a tanta inutilità, delle affermazioni che abbiano un loro reale valore.
    Le persone ormai non sono più in grado di distinguere la spazzatura dalle perle di saggezza, perché entrambe vengono presentate loro allo stesso modo, con lo stesso risalto. Non c'è più operazione di scrematura. E questo ci porta ad una pericolosa stasi mentale.

  15. Ciao a tutti…

    Leone73: condivido a pieno quello che dici, probabilmente è più raro trovare persone che sanno ascoltare veramente e ancora più raro trovare persone che sanno ascoltare e parlare….

    Sere: come hai detto tu devo ringraziare tutti quelli che lasciamo una traccia di se stessi che mi/ci aiutano a capire qualcosa in più...e grazie a te

    CosmicDance: quello che dici è vero. Secondo me dipende dall’uso che si fa de linguaggio: se le parole sono solo apparenza (marketing) sono usate solo per convincere e conquistare senza dire nulla in realtà. Ma se non c’è la sostanza penso che in qualche modo ce ne possiamo rendere conto.

    Ciao e grazie anche a primocarnera, doth, infinityfuture, canna e Rio.

    ciao

  16. 1+1=2 se i numeri sono scritti in notazione posizionale a base maggiore di due 😉

    A rigore, diciamo che Nabla, all'interno di un sistema coerente e finito di assiomi, può descriversi completamente, ma non può dire con certezza che prima o poi non salterà fuori un'affermazione incoerente.

    E' una cosa più o meno sottilmente diversa.

    Il linguaggio umano consente casini del genere perché non è un granché di sistema formale.
    Gli antichi erano solo... antichi, non scemi, e ovviamente si sono accorti ben presto della possibilità di antinomie, come quella del cacciapall... del mentitore.
    I matematici e logici del secolo scorso, quando hanno iniziato a imbattersi in rognose proposizioni indecidibili, hanno modificato i sistemi assiomatici per impedire la formazione di frasi bacate.

    La novità di Göedel, e sta qui la sua grandezza, è che possiamo introdurre tutti gli assiomi ad hoc che vogliamo, la cosa non garantisce la coerenza di un sistema formale.

    Nessuno sfugge a questo fatto, neppure le sagge meditazioni dei buddisti, neppure un linguaggio fatto di segni o di sguardi, se si va nel sufficientemente complesso.

    Il silenzio... non è che tacendo si cancellino le contraddizioni.
    L'atto del pensare le porta con se, altra conseguenza del lavoro di Göedel e Turing.

    Accettiamo l'imperfezione ed esprimiamoci come vogliamo.

    ...certo, nel silenzio e nella contemplazione c'è poesia. Una cosa che preferisco, ultimamente, alla matematica e alla logica. Ma è un'altra cosa.

  17. Ciao Wil,

    "A rigore, diciamo che Nabla, all’interno di un sistema coerente e finito di assiomi, può descriversi completamente, ma non può dire con certezza che prima o poi non salterà fuori un’affermazione incoerente." ni secondo me...

    io direi che in un sitema coerente e finito di assiomi ci sono sempre proposizioni di cui non sì può stabilire nè la verità nè la falsità...

    Simile a quello che dici tu ma leggermente
    diverso...

    "L’atto del pensare è contraddittorio" infatti la meditazione è abbandonare il pensiero.

    ciao

  18. - non so se è stato dimostrato che ci sono SEMPRE proposizioni indecidibili, in qualunque sistema.
    Se sei un "oggetto" definito all'interno del sistema hai ottime probabilità di essere descritto completamente.
    Se sei, invece, IL sistema... con opportuno meta-linguaggio ti puoi descrivere completamente, pur non garantendo che da te non possano uscire affermazioni indecidibili.

    - "la meditazione è abbandonare il pensiero": non siamo più nel campo della logica, ma della poesia.
    Come ho scritto, mi affascina ancora di più, ma la chiamo con il suo nome.

    Ciao!

  19. Ciao Wil,
    Purtoppo a me sembra che sia "SEMPRE" e mi sembra sia proprio quello il significato più importante del teorema di Goedel:

    In ogni formalizzazione coerente della matematica che sia sufficientemente potente da poter assiomatizzare la

    teoria elementare dei numeri naturali — vale a dire, sufficientemente potente da definire la struttura dei

    numeri naturali dotati delle operazioni di somma e prodotto — è possibile costruire una proposizione

    sintatticamente corretta che non può essere né dimostrata né confutata all'interno dello stesso sistema .

    wikipedia

    Sia T una teoria matematica sufficientemente espressiva da contenere l'aritmetica: se T è coerente, non è

    possibile provare la coerenza di T all'interno di T .
    Con qualche semplificazione,Nessun sistema coerente può essere utilizzato per dimostrare la sua stessa

    coerenza.

    wikiedia

    Per ogni sistema formale di regole ed assiomi è possibile arrivare a proposizioni indecidibili, usando gli assiomi dello stesso sistema formale

    Questa la trovi in molti siti.

    Non capisco invece l'associazione tra poesia e meditazione...

    ciao

  20. Son stato via per un pò e devo recuperare il tempo (appunto, visti i tuoi ultimi posts).

    Però, cominciando da questo, devo dirti che mi è molto piaciuto.

    Tutto quello che volevo dirti, lo hanno già detto gli altri e molto, molto meglio di me.

    Lo svantaggio di esser ritardatari, suppongo ;P

    OT: il racconto ha subito una battuta d'arresto. Però mi ci rimetterò presto.

    Ciao!

  21. Nabla, come vedi la limitazione esiste: si parla di sistemi in grado di formalizzare l'aritmetica.
    In effetti ho confuso "coerenza" (di un sistema assiomatico) e "completezza" (della teoria): dalla coerenza uno dei teoremi di Goedel deriva l'incompletezza sintattica della teoria stessa.
    ...comunque, questi sono sofismi, il tema che hai proposto non è puro tecnicismo, contiene, al solito, spazio per le opinioni.

    Nella mia incompletezza (e incoerenza) ho un po' la tendenza a separare la conoscenza basata sulla ragione (dimostrazioni) da quello che non può essere espresso come verità dimostrata. Senza discriminazione, s'intende. Solo, non voglio che un modo abbia il sopravvento sull'altro. Quello che non è fatto di proposizioni della logica lo chiamo, un po' impropriamente, poesia.
    E' un mio modo di vedere, è "poesia" anche questo.

  22. Capisco il tuo ragionamento, ma non capisco perché la ragione è solo logico-matematica.
    Lo chiamo ragionamento e non versi perché, per me, questo che tu scrivi è più vicino alla ragione che alla poesia. La ragione non è solo logica o matematica, forse quella è una delle espressioni più alte, ma non si ferma lì.
    Il teorema di Godel, secondo me, non mette in discussione la scienza, dice solo che per alcune questione il valore di verità della logica viene meno. Questo non vuol dire che bisogna passare dalla logica alla poesia, ma si potrebbe passare dalla logica alla ragione (parlando in termini matematici la logica è un sottoinsieme della ragione).
    Per quanto riguarda le meditazioni si apre un mondo che, secondo me, non ha nulla a che fare nè con la logica nè con la poesia.
    Ciao

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