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9 Ottobre 2014
Nabladue
Tempo di lettura: 6 minuti

Infinito e nulla: due modi di vedere l'esistenza

Marco: «Perché alcuni pensano che la vita sia un dono e altri la vedono come una prigione?».

Nabla: «Chi ama la vita vorrebbe estenderla all’infinito. Nelle religioni monoteiste moderne, il sostrato di tutto è un dio eterno, infinito, ed - in alcuni casi - creatore e giudice dell’umanità. Egli può donare l’eternità. Questa è una visione escatologica ottimistica, nel senso che permette all’uomo di superare il dramma esistenziale della morte in maniera positiva.

Sulla sponda opposta, ho in mente il Buddhismo con la sua visione essenzialmente pessimistica.   I buddhisti non proiettano la loro "anima" in un mondo che oltrepassi quello materiale. Molte correnti buddhiste non accettano proprio il concetto di anima. I Buddhisti vivono il dramma dell’esistenza nella polvere, ma non anelano all’immortalità nello spirito. Per loro la vera liberazione è non appartenere al mondo dell’esistenza biologica. La vita dell’uomo è una prigione: un essere intelligente e cosciente che abita un universo puramente materiale non può che soffrire».

Marco: «Non ti sembra che il mondo possa essere diviso in quelli che credono nel Nulla e quelli che credono nell’Infinito?».

Infinito e Nulla

Nabla: «Non so, forse come distinzione è un po’ semplicistica. Le contrapposizioni non sono poi così nette. Io la metterei in questo modo: Infinito e Nulla sono due facce della stessa entità».

Marco: «Ma dai, cosa dici! Come può essere?».

Nabla: «Se ci pensi bene solo il Nulla può ospitare l’Infinito. Quest’ultimo è stato spesso rappresentato con l’uno (metafisico), che non è un’entità numerica, bensì è ciò che tutto contiene,  il principio fondante e unificatore della realtà. Tutto è uno, recitano alcune filosofie di origine antichissima. In parole meno enigmatiche, significa cogliere l’unità sostanziale dell’universo materiale e immateriale, noto ed ignoto, mentale e spirituale nella pienezza dell’Essere infinito. Qualsiasi cosa presente nel Tutto è collegata al resto. Il Tutto comprende il complesso delle manifestazioni particolari e ciò che non è manifesto.

L'Uno è un concetto fondamentale che ha attraversato la storia del pensiero filosofico, rappresentando spesso il principio primordiale o la realtà ultima da cui tutto emerge. Le sue radici si estendono fino ai tempi antichi, con riferimenti nei Rigveda, uno dei testi sacri dell'induismo. In Occidente, la sua esplorazione inizia con Pitagora, che lo vede come il principio fondante della realtà.

Con il passare del tempo, filosofi come Parmenide e Eraclito hanno offerto diverse interpretazioni dell'Uno, con il primo che lo considera l'unico vero Essere e il secondo che lo vede come un sostrato unificante dietro la molteplicità del mondo. Platone e Aristotele, i due pilastri della filosofia greca antica, hanno anch'essi affrontato il concetto, cercando di conciliare l'Uno con la molteplicità e vedendo in esso l'essenza degli enti.

Il neoplatonismo, in particolare attraverso la figura di Plotino, ha elevato l'Uno a una posizione di primaria importanza, ponendolo al di sopra dell'Essere stesso come una realtà ineffabile e trascendente. Con l'avvento del Cristianesimo, l'Uno viene reinterpretato in un contesto monoteistico.  In particolare Sant'Agostino (354 – 430) concepisce Dio come la meta naturale a cui la ragione aspira, e nel quale finalmente la discordanza dualistica tra soggetto e oggetto, pensiero ed essere, si riconcilia in unità.

Lo Zero (0), invece, rappresenta il Nulla.

Lo zero metafisico ha una proprietà in comune con lo zero matematico. In particolare, quello matematico non è assenza, come pensano molti erroneamente. Esso rappresenta la presenza di un’assenza. Qualcosa che c’è, ma allo stesso tempo è assente. La paradossale presenza di assenza consapevole è il turbamento leopardiano nella vita dell’uomo. Questo stato esistenziale è frutto dell’angoscia che nasce nell’uomo che ha perso Dio.

Mentre l’Uno è l’Infinità nella sua concretezza, lo Zero dà vita al ”sogno di un’ombra”. Non è un caso che lo zero aritmetico non fu mai scoperto dai filosofi greci, li avrebbe terrorizzati. Lo spirito greco apollineo è l’anti-zero. Lo zero come numero è stato introdotto dal matematico indiano Brahmagupta nel VII secolo d.C.

Sorprende che sia stata una scoperta relativamente recente della matematica. Se pensiamo che i matematici greci giocavano già con l’infinito senza problemi, possiamo ipotizzare che per l’accettazione dello zero occorre una consapevolezza filosofica diversa: è l’accettazione del nulla come presenza di assenza. Per di più, prova a pensare ai due concetti, quale ti sembra più difficile da rappresentare nella mente?».

Marco: «L’infinito lo posso immaginare come somma continua di quantità finite. Penso ad un universo che non termina mai: più avanzo con la mia navicella spaziale immaginaria e più esso si espande. Certo il nulla è molto più difficile da rappresentare: non mi riesce, la mia mente deve avere comunque qualche oggetto a cui fare riferimento».

L' infinito - spirale

Nabla: «Appunto, proprio questa è la difficoltà. Tornando alla contrapposizione Uno/Zero, essa è palesata apertamente in ambito filosofico dal confronto tra la filosofia buddhista e quella del neoplatonismo (su cui si è formata la teologia cattolica e cristiana). In maniera sorprendente, esse partono dalle stesse considerazioni. La spirale infinita dei desideri, il fatto ineluttabile della consapevolezza (che è sostanzialmente riconoscimento della morte e della sofferenza), la contrapposizione tra il mondo illusorio e quello reale, tra la natura maschile e quella femminile, tra la spiritualità e l’attaccamento alla natura nella vita biologica. Solo la conversione religiosa, l’uscita dalla caverna, il risveglio e l’abbandono della natura possono condurre al superamento della sofferenza umana. Da questo punto in poi, le strade si dividono e vanno in direzioni opposte.

Nel platonismo il mondo reale è quello divino, l’uno metafisico che abbraccia tutto. Nel buddhismo la realtà è data proprio dal riconoscimento del Nulla. La liberazione è perdersi nel Nulla. Il nirvana non è altro che un’esperienza mistica che conduce alla realizzazione della vacuità di tutti gli aggregati (Dharma).

La Sorgente della vita è il nulla (la presenza di un'assenza). Sulla sponda opposta, nel platonismo, il Tutto è pienezza e infinito. Il Nulla è riempito dal Tutto. In realtà Buddha ha solamente sovvertito l'ordine di Essere e Non Essere.
Un altro modo di vedere il nirvana buddhista è proprio il raggiungimento dello stato mentale di cui parlavamo in precedenza: nessuno oggetto e nessuna connessione dev’essere presente nella mente».

Marco: «Dunque, potrei dire che la pratica buddhista alla fine conduce a poter pensare il nulla?».

Il nulla

Nabla: «Sì, in un certo senso».

Marco: «E la metafisica che supporta tale visone è in contrasto con quella delle grandi religioni monoteiste?».

Nabla: «La dottrina metafisica buddhista è simile a quella delle altre religioni. Basta sostituire la parola Nulla con Dio, illuminato con santo, Buddha con Cristo, flusso di coscienza con anima e troverai che sottendono un significato metafisico speculare. La stessa etica del buddhismo è molto simile a quella cristiana. Così come la vita monastica è considerata l’unica forma di esistenza che permetta la liberazione finale. Nel caso cristiano, quest’ultima è l’unione con l’Infinito (Dio); in quello buddhista è l’estinzione nel Nulla. La parola nirvana significa proprio estinzione. In altri termini, il buddhismo parte dalla vita come prigione (Samsara) per arrivare al Nulla come liberazione. Il cristianesimo parte dalla prigione del peccato, per riscattare l’uomo attraverso Dio (Infinito) nella vita eterna, grazie al sacrificio del Figlio. Dio si fa uomo (nulla) per liberare l’uomo che diventa essere.

Il Nulla si fa Buddha per lo stesso motivo. I due aspetti, però, non sono totalmente disgiunti e separati: l’Infinito compartecipa al Nulla ed il Nulla si cela dietro l’Infinito.
La perplessità e l’angoscia del Cristo crocifisso, abbandonato dal Padre, rappresentano esattamente la sensazione della nullità di Dio. La resurrezione è l’infinità di Dio. Bisogna riconoscere che sono presenti entrambi i fattori. Se leggiamo i testi canonici buddhisti, la filosofia della tradizione buddhista oscilla sempre tra nichilismo ed eternalismo, proprio perché è compresente la coppia Infinito/Nulla. Se ti rimane difficile concepirlo, pensa al dualismo onda/corpuscolo della fisica. La particella può presentare il suo lato corpuscolare e quello ondulatorio a seconda degli esperimenti che lo scienziato conduce. Essa non è né onda né corpuscolo, è entrambe. Però, quando si manifesta allo sperimentatore, lo fa secondo una forma determinata. Lo stesso vale per l’Essere: si può manifestare in entrambi i modi. Come è possibile che la ritualistica e l’etica buddhiste sono uguali a quella di altre religioni che credono nell’Uno-Infinito?

Infinito

Semplicemente perché Uno-Infinito/Zero-Nulla sono manifestazioni della stessa Entità.

Il percorso religioso ha un duplice valore che è sempre presente. La brama d’infinito spinge l’uomo verso l’alto, l’eternità; al contempo la consapevolezza della morte, lo spinge verso il basso, nell’attenuazione della “sete di vivere”. Di conseguenza la tensione verso l’infinito e l’accettazione dell’estinzione sono entrambi miracolosamente compresenti in tutti i sentieri religiosi. Nonostante il buddhismo dia più peso alla vacuità e il cristianesimo all’eternità, entrambi gli aspetti sono il fondamento del sentimento religioso: accettazione della morte (nulla) e tensione mistica verso l’infinito.

Dio è la stessa entità che dà la morte e che concede l’eternità, nella possibilità di esperire psichicamente l’infinità. Il fattore che sta alla base di queste correnti religiose e filosofiche è l’esperienza dell’Essere con il suo duplice aspetto di Infinito-Nulla».

4 comments on “Infinito e nulla: due modi di vedere l'esistenza”

  1. Penso che Solo il nulla e' infinito.Infatti, l' universo che e' talmente grande da considerarsi praticamente quasi infinito, come poteva progressivamente espandersi senza avere attorno il nulla infinito?Che ne pensate?

  2. Infinito. Credo che l uomo non conoscera' mai la vastità dell universo perche la sua capacità neuronale è limitata e non in grado ( a livello naturalmente deduttivo non potendo viaggiare per bilioni di anni luce) di concepire un dato ordine di grandezza che puo solo definire a parole immensità.

  3. We, the human race, only know the beginning and the end of all material things. We arw born and we die. Everything starts and finishes. We have a yard stick with which we measure everything on earth. Our mind is limited to that phenomena. Our mind cannot explain infinity. This is a fact we cannot deny. So by virtue of the fact that we, as the human race, cannot reach to understand infinity, we can reach instead the conclusion that there is something superior over us. Something much more powerful than this human race. Some of us call it God, but this word can mean many things. Gid could be a spirit mass to which our soul belongs. Where do we go when we die? Where doea our soul go when we die? It's very simple: we go in the same place where we were before we were born. We go with the spirit mass where we belong. In fact it doesn't matter to us to know where we go after we die, because we are limited to understand such phenomena. Remember the yard stick we are born with: we can only measure thing that have a beginning and an end. Infinity has neither. Our mind is limited, and that makes us imperfect. Infinity is perfection.

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