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L'essere e il nulla di Sartre - Domande e risposte

Introduzione all'analisi di "L'Essere e il Nulla" di Jean-Paul Sartre

Benvenuti nella sezione dedicata all'opera filosofica "L'Essere e il Nulla" di Jean-Paul Sartre. Questo testo rappresenta uno dei pilastri dell'esistenzialismo e affronta questioni profonde riguardanti l'essenza dell'esistenza umana, la libertà, la responsabilità e la natura dell'essere.

L'obiettivo di questa pagina è fornire una guida chiara e approfondita all'opera, presentando domande e risposte che esplorano i concetti chiave e le tematiche centrali del testo. Questa guida è stata realizzata con l'intento di aiutare studenti, ricercatori e appassionati di filosofia a navigare attraverso le complesse riflessioni di Sartre, offrendo spiegazioni semplici ma esaustive.

Le domande e risposte presentate qui sono basate direttamente sul testo di Sartre, garantendo così una fedeltà all'opera originale. Ogni risposta è strutturata in modo da guidare il lettore passo dopo passo, suddividendo le questioni complesse in parti più gestibili e utilizzando analogie per rendere i concetti più comprensibili.

Domande e risposte su "L'Essere e il Nulla" di Jean-Paul Sartre

 

ALLA RICERCA DELL'ESSERE

 

Come introduce Sartre il problema del fenomeno in relazione alla filosofia moderna?

Nell'introduzione di "L'essere e il nulla", Sartre affronta il concetto di fenomeno e la sua evoluzione nella filosofia moderna. Ecco una sintesi delle sue riflessioni:

  1. Progresso del Pensiero Moderno: Sartre riconosce che il pensiero moderno ha fatto un notevole progresso riducendo l'esistente alla serie di apparizioni che lo manifestano. Questo ha permesso di superare alcuni dualismi che ostacolavano la filosofia.
  2. Superamento del Dualismo: Uno dei principali dualismi che Sartre menziona è quello tra l'interiore e l'esteriore. Nella visione moderna, non c'è nulla di più esteriore dell'esistente. Le apparizioni che manifestano l'esistente non sono né interiori né esteriori, ma hanno tutte lo stesso valore.
  3. Il Fenomeno come Apparizione: Per Sartre, il fenomeno è ciò che si manifesta. Non c'è un "essere" nascosto dietro il fenomeno. L'essere di un esistente è precisamente ciò che esso appare. Questa visione contrasta con le filosofie precedenti che vedevano il fenomeno come una semplice manifestazione di un essere più profondo.
  4. Il Fenomeno nella Filosofia Moderna: Sartre fa riferimento a filosofi come Husserl e Heidegger, sottolineando come abbiano trattato il concetto di fenomeno. Husserl ha dimostrato come sia sempre possibile andare oltre il fenomeno concreto verso la sua essenza. Heidegger, d'altra parte, ha sostenuto che la "realtà umana" è ontico-ontologica, cioè può sempre andare oltre il fenomeno verso il suo essere.
  5. Il Fenomeno come Indicativo di Sé Stesso: Sartre sottolinea che il fenomeno non indica qualcosa al di là di sé. È assolutamente indicativo di se stesso. Non c'è un essere nascosto dietro il fenomeno; il fenomeno è l'essere stesso.

In sintesi, nell'introduzione di "L'essere e il nulla", Sartre esplora il concetto di fenomeno e come sia stato trattato nella filosofia moderna. Egli sottolinea l'importanza di vedere il fenomeno come una manifestazione completa dell'essere, senza cercare un essere nascosto dietro di esso.

 

Perché non c'è differenza tra essere e apparire?

Nell'opera "L'Essere e il Nulla", Jean-Paul Sartre affronta la questione del rapporto tra "essere" e "apparire", sostenendo che non esiste una distinzione sostanziale tra i due. Ecco alcune delle ragioni principali:

1. L'apparizione ha il suo proprio essere: Sartre sostiene che l'apparizione non è sostenuta da un esistente diverso da essa; ha il suo proprio essere. Ciò significa che ciò che appare non è una semplice illusione o un riflesso di qualcosa di diverso da sé; ha una realtà e un'essenza proprie.

2. L'essere è ciò che appare: L'essere di un oggetto o di un fenomeno non è qualcosa di nascosto dietro le sue apparenze; piuttosto, l'essere di un oggetto è precisamente ciò che esso appare. In altre parole, non c'è una realtà "vera" o "nascosta" dietro le apparenze; le apparenze sono la realtà.

3. Rifiuto del dualismo essere-apparire: Sartre rifiuta il dualismo tradizionale tra essere e apparire, sostenendo che l'apparenza non è una mera negatività o un'illusione. Una volta che si rifiuta l'idea di un "essere-che-sta-dietro-all'apparenza", l'apparenza diventa una "piena positività". L'apparenza, o il fenomeno, diventa il "relativo-assoluto", cioè qualcosa che è relativo perché appare a qualcuno, ma è assoluto nella sua manifestazione di sé.

4. Caduta del dualismo potenza e atto: Sartre sostiene che tutto è in atto, e non c'è una distinzione tra potenza (una capacità o potenzialità non realizzata) e atto (la realizzazione di quella capacità). Ciò che è, lo è in modo assoluto, e non c'è una realtà "potenziale" nascosta dietro la realtà "attuale".

In sintesi, per Sartre, l'essere e l'apparire sono inseparabili. Ciò che appare ha un'essenza e un'essere propri, e non c'è una realtà "vera" o "nascosta" dietro le apparenze. L'apparire è l'essere.

 

Come si arriva al problema del dualismo tra infinito e finito e come si risolve?

Nell'opera "L'Essere e il Nulla", Jean-Paul Sartre affronta il problema del dualismo tra infinito e finito, un tema che emerge dalla sua analisi dell'essere e dell'apparire. La questione si sviluppa nel contesto della sua riflessione sul fenomeno e sull'esistente.

L'esistente, per Sartre, non può essere ridotto a una serie finita di manifestazioni o apparizioni. Questo perché ogni apparizione è in relazione con un soggetto in costante cambiamento. Anche se un oggetto dovesse presentarsi attraverso una sola manifestazione, il semplice fatto di essere percepito da un soggetto implica la possibilità di moltiplicare i punti di vista su quella manifestazione. Questo moltiplica all'infinito la manifestazione stessa. Se la serie delle apparizioni fosse finita, ciò significherebbe che le prime apparizioni non avrebbero più la possibilità di riapparire, il che è inconcepibile per Sartre.

Inoltre, Sartre sostiene che se la serie delle apparizioni fosse finita, ciò implicherebbe che potrebbero essere tutte presentate simultaneamente, il che è ancora più inconcepibile. La realtà di un oggetto, come una tazza, per esempio, è che esiste in un determinato luogo e non è il soggetto che la percepisce. Questa realtà si traduce nel fatto che la serie delle sue apparizioni è legata da una ragione che non dipende dalla volontà del soggetto.

Di conseguenza, Sartre sostituisce la realtà tradizionale della cosa con l'oggettività del fenomeno e fonda questa oggettività su un ricorso all'infinito. Questo approccio permette a Sartre di superare il dualismo tra infinito e finito, sostenendo che l'essenza di un oggetto non è altro che la serie infinita delle sue manifestazioni.

In sintesi, per Sartre, il dualismo tra infinito e finito emerge dalla natura stessa dell'essere e dell'apparire. Tuttavia, attraverso la sua analisi fenomenologica, egli riesce a superare questo dualismo, sostenendo che l'essenza di un oggetto è intrinsecamente legata alla serie infinita delle sue apparizioni.

Qual è la differenza e qual è il rapporto tra il fenomeno dell'essere e l'essere del fenomeno?

Nel contesto della filosofia di Sartre, la distinzione e il rapporto tra il "fenomeno dell'essere" e "l'essere del fenomeno" sono centrali per comprendere la sua ontologia.

Il "fenomeno dell'essere" si riferisce all'apparizione o manifestazione dell'essere. È il modo in cui l'essere si presenta a noi, come qualcosa che può essere percepito, compreso o sperimentato. Questa manifestazione non è separata o diversa dall'essere stesso; piuttosto, è l'essere nella sua modalità di presentarsi.

D'altro canto, "l'essere del fenomeno" riguarda la natura o l'essenza dell'apparizione stessa. Mentre il fenomeno dell'essere si concentra su come l'essere si manifesta, l'essere del fenomeno indaga la realtà o la verità di quella manifestazione.

Sartre sottolinea che l'apparizione (o fenomeno) ha il suo proprio essere. Non è sostenuta o causata da un esistente separato da essa. Questo significa che ciò che appare non è una semplice rappresentazione o immagine di qualcosa di diverso da sé; ha una realtà e un'essenza proprie.

Tuttavia, Sartre pone una domanda cruciale:

il fenomeno dell'essere, come si manifesta a noi, è identico all'essere dei fenomeni che ci appaiono?

In altre parole, l'essere che percepiamo o comprendiamo attraverso la manifestazione è della stessa natura dell'essere degli oggetti o delle entità che ci appaiono?

La risposta di Sartre a questa domanda è complessa. Egli sostiene che mentre l'essere si manifesta attraverso il fenomeno, non può essere ridotto o limitato a quella sola manifestazione.

L'essere trascende il fenomeno, ma al tempo stesso, il fenomeno è l'unico mezzo attraverso il quale possiamo accedere all'essere.

In sintesi, per Sartre, il fenomeno dell'essere e l'essere del fenomeno sono intimamente legati e interdipendenti. Mentre sono distinti in termini concettuali, non possono essere separati nella realtà. L'essere si manifesta attraverso il fenomeno, e il fenomeno ha il suo proprio essere.

Perché il fenomeno d'essere non è l'essere, ma lo indica secondo Sartre?

Nel "L'essere e il nulla", Sartre affronta in profondità la questione del rapporto tra il fenomeno d'essere e l'essere stesso. Ecco una sintesi delle sue riflessioni:

  1. L'Essere e il Fenomeno: L'essere di un esistente è la sua realtà fondamentale, la sua natura intrinseca. Tuttavia, ciò che percepiamo o di cui siamo consapevoli è il fenomeno d'essere, cioè la manifestazione o l'apparizione dell'essere.
  2. Il Fenomeno come Indicatore: Il fenomeno d'essere non è identico all'essere in sé. Piuttosto, serve come un indicatore o un segno dell'essere. Mostra o rivela l'essere, ma non esaurisce la totalità dell'essere.
  3. Oltre l'Apparenza: Mentre possiamo avere una consapevolezza del fenomeno d'essere, non possiamo mai catturare completamente l'essere in tutta la sua pienezza solo attraverso la sua manifestazione fenomenica. L'essere ha una profondità e una complessità che va oltre la sua semplice apparizione.
  4. Il Senso dell'Essere: La coscienza può sempre superare l'esistente non in direzione del suo essere, ma verso il senso di questo essere. Il senso dell'essere dell'esistente, in quanto si svela alla coscienza, costituisce il fenomeno d'essere.
  5. L'Essere Transfenomenico: L'essere dell'esistente va oltre la sua manifestazione fenomenica, ed è per questo che viene definito "transfenomenico". Non è limitato solo a ciò che appare alla coscienza, ma ha una realtà che va oltre.

In sintesi, per Sartre, il fenomeno d'essere serve come un indicatore dell'essere, ma non è identico all'essere stesso. Mentre il fenomeno d'essere rivela o indica l'essere, l'essere ha una realtà che va oltre la sua manifestazione fenomenica.

Perché l'essere è transfenomenico secondo Sartre?

Sartre sottolinea che, mentre il fenomeno è ciò che appare, non c'è un "essere" nascosto dietro di esso. In altre parole, non c'è una realtà più profonda o un'essenza che sta dietro l'apparenza.

L'essere di un oggetto o di un fenomeno è esattamente ciò che appare. Ma qui emerge un problema: se l'essere è identico al fenomeno, come possiamo parlare dell'essere di qualcosa al di là della sua mera apparenza?

È qui che Sartre introduce l'idea dell'essere come "transfenomenico". L'essere "transfenomenico" si riferisce all'idea che l'essere di un oggetto non è limitato alla sua apparenza fenomenica. Anche se l'essere si manifesta attraverso il fenomeno, ha una realtà che va oltre la mera apparenza. Questo non significa che ci sia un essere nascosto dietro il fenomeno, ma piuttosto che l'essere di un oggetto ha una profondità e una realtà che non possono essere completamente catturate dalla sua manifestazione fenomenica.

In sintesi, per Sartre, l'essere è "transfenomenico" perché la sua esistenza non è limitata o definita esclusivamente dalla sua manifestazione fenomenica. L'essere ha una realtà che va oltre la mera apparenza e che è implicita in ogni atto di coscienza. Questo pone le basi per la sua esplorazione successiva della natura dell'essere e della coscienza in "L'essere e il nulla".

Cos'è la coscienza secondo Sartre e che differenza c'è con il "cogito ergo sum" di Cartesio?

La concezione della coscienza di Sartre è profondamente radicata nella sua ontologia esistenzialista.

Per Sartre, la coscienza non è una sostanza o un'entità statica, ma piuttosto un'attività o un processo. Essa è sempre coscienza di qualcosa, ed è attraverso la coscienza che l'individuo si rapporta al mondo esterno.

La coscienza, per Sartre, è intenzionale, nel senso che è sempre rivolta verso un oggetto o un fenomeno. Inoltre, la coscienza è sempre coscienza di sé, ma in un modo non riflessivo. Questo significa che siamo sempre consapevoli di noi stessi quando siamo consapevoli di qualcosa, ma questa autoconsapevolezza non è il risultato di un atto riflessivo.

Un punto cruciale nella filosofia di Sartre è l'idea che esiste un "cogito preriflessivo" che precede e rende possibile il "cogito" cartesiano. Mentre Cartesio afferma "cogito ergo sum" (penso, dunque sono), sottolineando la certezza della riflessione come fondamento dell'esistenza, Sartre suggerisce che prima di questa riflessione c'è già una coscienza di sé non riflessiva. Questo cogito preriflessivo è la condizione del cogito cartesiano.

La differenza fondamentale tra Sartre e Cartesio riguarda la natura e il ruolo della riflessione. Mentre per Cartesio la riflessione (il pensiero) è ciò che garantisce e stabilisce l'esistenza dell'individuo, per Sartre, l'esistenza precede l'essenza, e la coscienza esiste in un modo preriflessivo prima di qualsiasi atto riflessivo.

In sintesi, mentre Cartesio vede la coscienza come una sostanza pensante e la riflessione come la prova dell'esistenza, Sartre vede la coscienza come un'attività intenzionale e sottolinea l'importanza del cogito preriflessivo come fondamento dell'esistenza umana.

«Il punto di vista della conoscenza pura è contraddittorio; c’è solo il punto di vista della conoscenza impegnata. [ … ] Una conoscenza pura, infatti, sarebbe conoscenza senza punto di vista, quindi conoscenza del mondo posta per principio al di fuori del mondo. [ … ] Così la conoscenza non può essere altro che un nascere implicito a un punto di vista determinato che si è. » Sartre

 

Perché per Sartre essere non è percepire (Esse est percipi) come affermava Berkley?

Per George Berkeley, il principio "Esse est percipi" (essere è essere percepito) sostiene che l'esistenza di un oggetto dipende dalla sua percezione da parte di una mente. In altre parole, un oggetto esiste solo se e quando è percepito. Questa idea è centrale nell'idealismo di Berkeley, secondo cui la realtà è costituita esclusivamente da menti e dalle loro idee.

Jean-Paul Sartre, tuttavia, ha una visione diversa dell'essere e della percezione. Per Sartre, l'essere non è semplicemente una funzione della percezione. L'essere ha una realtà e una consistenza proprie, indipendentemente dal fatto che venga o meno percepito. L'essere, nella filosofia di Sartre, è qualcosa di fondamentale e irriducibile, e non può essere ridotto o limitato alla sua percezione.

Nel contesto della filosofia di Sartre, l'essere si manifesta attraverso il fenomeno, ma non può essere ridotto a quella sola manifestazione. L'essere trascende il fenomeno, ma al tempo stesso, il fenomeno è l'unico mezzo attraverso il quale possiamo accedere all'essere. Questo contrasta con la visione di Berkeley, secondo cui l'essere di un oggetto è intrinsecamente legato alla sua percezione.

Inoltre, Sartre sostiene che la coscienza è sempre coscienza di qualcosa, ed è attraverso la coscienza che l'individuo si rapporta al mondo esterno. Ma questa coscienza non è semplicemente una funzione della percezione; piuttosto, è un'attività intenzionale attraverso la quale l'individuo si rapporta attivamente al mondo.

La posizione di Sartre non è né idealista (perché afferma l’esistenza di un qualcosa che non è coscienza), né realista (perché ritiene che la coscienza non dipende totalmente dall’essere).

In sintesi, mentre Berkeley sostiene che l'essere di un oggetto dipende dalla sua percezione, Sartre sostiene che l'essere ha una realtà propria, indipendente dalla percezione. L'essere, per Sartre, non è semplicemente una funzione della percezione, ma qualcosa di fondamentale e irriducibile.

Cos'è l'essere-in-sé? Descrivi le tre caratteristiche dell'essere-in-sé: L'essere è. L'essere è in-sé. L'essere è ciò che è.

L'essere-in-sé è un concetto centrale nella filosofia di Jean-Paul Sartre e rappresenta una delle fondamenta della sua ontologia. L'essere-in-sé si riferisce alla natura dell'essere che è indipendente dalla coscienza e che esiste in modo massivo e opaco. Esso è contrapposto all'essere-per-sé, che rappresenta la coscienza o l'esistenza consapevole. Ecco le tre caratteristiche dell'essere-in-sé:

1. L'essere è: Questa affermazione sottolinea la piena positività e la presenza assoluta dell'essere-in-sé. L'essere-in-sé esiste in modo indipendente e non può essere derivato da un altro essere. Non è né possibile né impossibile; semplicemente è.

2. L'essere è in-sé: L'essere-in-sé è completamente autocontenuto e non rimanda a nulla al di fuori di sé stesso. Non ha un "dentro" o un "fuori". In realtà, l'essere è opaco a se stesso e lo è perché è pieno di se stesso.  Questa caratteristica sottolinea l'indipendenza e l'autosufficienza dell'essere-in-sé. Non ha bisogno di altro per esistere e non è in relazione con altro.

3.L'essere è ciò che è: Questa affermazione sottolinea l'identità e la coerenza dell'essere-in-sé. L'essere-in-sé non può diventare qualcosa di diverso da ciò che è.  Non ha potenzialità o possibilità; è completamente realizzato in se stesso, non conosce alterità. Questa caratteristica sottolinea la stabilità e l'immutabilità dell'essere-in-sé.

In sintesi, l'essere-in-sé, secondo Sartre, rappresenta l'essere nella sua forma più pura e indipendente. Esso esiste in modo massivo, opaco e contingente, senza riferimento o relazione con altro. Queste tre caratteristiche sottolineano la natura unica e fondamentale dell'essere-in-sé nella filosofia di Sartre.

L'essere in-sé è creato ?

No, secondo Sartre, l'essere-in-sé non è creato. Nel suo "L'essere e il nulla", Sartre afferma che l'essere-in-sé non deriva "da niente, né da un altro essere, né da un possibile, né da una legge necessaria." L'essere-in-sé è "increato", esiste senza una ragione d'essere e senza rapporto con un altro essere. In altre parole, l'essere-in-sé esiste in modo autentico e indipendente, senza essere il risultato di un atto di creazione o derivare da una causa esterna. Esso è semplicemente ciò che è: "L'essere è. L'essere è in-sé. L'essere è ciò che è."

 

Domande e risposte su - L'Essere e il Nulla" di Jean-Paul Sartre

 

IL PROBLEMA DEL NULLA

 

Cosa significa interrogare per Sartre ? Perché non sarebbe possibile interrogare se non si potesse porre il non-essere ?

Interrogare, per Sartre, è un atto fondamentale che rivela la relazione dell'essere umano con l'essere-in-sé e con il non-essere. L'interrogazione emerge dalla coscienza umana e si manifesta in relazione alle aspettative e alle percezioni dell'individuo. Ecco alcuni punti chiave riguardo all'interrogazione secondo Sartre:

  1. Interrogazione e Aspettativa: L'interrogazione si basa su una aspettativa umana. Ad esempio, è perché ci si aspetta di trovare una certa cosa o situazione che si percepisce la mancanza o la differenza di quella cosa o situazione. Questa percezione della mancanza, o del non-essere, è strettamente legata alla nostra coscienza e alle nostre aspettative.
  2. Interrogazione come Rivelazione: Interrogare l'essere significa cercare una rivelazione sul suo essere o sulle sue maniere di essere. La risposta a questa interrogazione può essere un "sì" o un "no", e la presenza di entrambe queste risposte possibili distingue la domanda dall'affermazione o dalla negazione.
  3. Interrogazione e Non-Essere: L'interrogazione è strettamente legata al concetto di non-essere. Ogni domanda comprende in sé la possibilità del nulla. La possibilità di una risposta negativa a una domanda implica la presenza del non-essere. Ad esempio, quando si pone una domanda come "Esiste una condotta che possa rivelarmi il rapporto dell'uomo col mondo?", si ammette implicitamente la possibilità di una risposta negativa, come "No, una simile condotta non esiste".
  4. Interrogazione come Atteggiamento Umano: L'interrogazione è un tipo di comportamento o atteggiamento umano nei confronti dell'essere. Attraverso l'interrogazione, l'essere umano cerca di comprendere e definire la sua relazione con l'essere e con il non-essere.

In sintesi, per Sartre,  interrogare è un atto che rivela la relazione dell'essere umano con l'essere e il non-essere. Si può dire che con la domanda il nulla irrompe nel mondo. L'interrogazione emerge dalla coscienza e dalle aspettative dell'individuo e cerca una rivelazione o una comprensione dell'essere e delle sue maniere di essere.

 

Cos'è il "non essere" per Sartre? Qual è il rapporto tra il non essere e il Nulla?

Il "non essere" e il "Nulla" sono concetti centrali nella filosofia di Jean-Paul Sartre, e sono strettamente interconnessi.

  1. Il Non-Essere: Per Sartre, il non-essere non è semplicemente l'opposto o l'assenza dell'essere. Piuttosto, è qualcosa che emerge nel contesto dell'essere. Il non-essere appare sempre nei limiti di un'aspettativa umana. Ad esempio, è perché ci aspettiamo una certa quantità di denaro che percepiamo la mancanza di quella quantità. Questa percezione della mancanza, o del non-essere, è strettamente legata alla nostra coscienza e alle nostre aspettative.
  2. Il Nulla: Il Nulla, per Sartre, è qualcosa che si insinua nell'essere. Non è semplicemente un'assenza o una mancanza, ma piuttosto una negazione attiva. Il Nulla non può esistere da solo; ha bisogno dell'essere per manifestarsi. Tuttavia, il Nulla non è semplicemente un prodotto della coscienza umana o del giudizio. È qualcosa che esiste nel mondo, anche se in un modo che è strettamente legato alla coscienza umana.

Il rapporto tra il non-essere e il Nulla è complesso. Mentre il non-essere è spesso legato alle aspettative e alle percezioni umane, il Nulla ha una qualità più trascendentale. Tuttavia, entrambi sono legati all'essere in modi cruciali. L'essere si manifesta in relazione al non-essere e al Nulla, e questi concetti sono centrali per la comprensione sartreana dell'ontologia e della natura della realtà.

In sintesi, per Sartre, sia il non-essere che il Nulla sono modi in cui l'essere si manifesta e si definisce. Non sono semplici assenze o negazioni, ma piuttosto aspetti fondamentali dell'essere e della realtà.

 

Perché l'essere si manifesta in relazione al non-essere e al Nulla?

L'interazione tra l'essere, il non-essere e il Nulla è fondamentale per la filosofia esistenzialista di Sartre. L'essere, nella sua piena positività, non può essere compreso senza riferimento al non-essere e al Nulla.

  1. Origine della Negazione: Sartre sostiene che il non-essere appare sempre nei limiti di una aspettativa umana. Ad esempio, percepiamo la mancanza di qualcosa (il non-essere) in relazione a ciò che ci aspettiamo di trovare. Questa percezione della mancanza è strettamente legata alla nostra coscienza e alle nostre aspettative.
  2. Il Nulla nel cuore dell'Essere: Secondo Sartre, il Nulla non è semplicemente un'assenza o una mancanza, ma piuttosto una negazione attiva che si insinua nell'essere. Il Nulla non può esistere da solo; ha bisogno dell'essere per manifestarsi. Tuttavia, il Nulla non è semplicemente un prodotto della coscienza umana o del giudizio. Esiste nel mondo, anche se in un modo strettamente legato alla coscienza umana.
  3. L'Essere e il Non-Essere: L'essere si manifesta in relazione al non-essere perché il non-essere è una presenza continua, sia in noi che al di fuori di noi. Il nulla penetra continuamente l'essere, rendendo il non-essere una parte integrante dell'essere stesso.
  4. L'Essere e il Nulla: L'essere per cui il nulla viene al mondo deve annullare il nulla nel suo essere. Questo essere deve confrontarsi con il nulla del suo stesso essere. L'essere per cui il nulla si produce nel mondo è un essere nel quale si fa questione del nulla del suo essere.

In sintesi, per Sartre, l'essere si manifesta in relazione al non-essere e al Nulla perché questi concetti sono intrinsecamente legati alla natura dell'essere stesso. L'essere non può essere compreso o esistere senza riferimento al non-essere e al Nulla. Questa interdipendenza tra l'essere, il non-essere e il Nulla è fondamentale per la comprensione sartreana dell'ontologia e della natura della realtà. Il nulla non è il nulla assoluto ma deriva dall’Essere come negazione.

 

Che relazione c'è tra non-essere e negazione?

La relazione tra non-essere e negazione è fondamentale nella filosofia di Sartre e rappresenta un punto chiave della sua ontologia.

  1. Origine della Negazione: Sartre sostiene che il non-essere appare sempre nei limiti di una aspettativa umana. Ad esempio, è perché ci si aspetta di trovare una certa quantità di denaro che si percepisce la mancanza di quella quantità. Questa percezione della mancanza, o del non-essere, è strettamente legata alla nostra coscienza e alle nostre aspettative.
  2. Negazione come Rifiuto di Esistenza: La negazione, per Sartre, non è semplicemente un'assenza o una mancanza. È un rifiuto attivo di esistenza. Con la negazione, un essere (o un modo d'essere) viene posto e poi respinto nel nulla. La negazione è quindi una manifestazione del non-essere.
  3. Il Non-Essere e la Negazione: Il non-essere non viene alle cose con il giudizio di negazione. Piuttosto, è il giudizio di negazione che è condizionato e sostenuto dal non-essere. La negazione, come struttura della proposizione di giudizio, emerge dal nulla o, al contrario, è il nulla, come struttura del reale, che è l'origine e il fondamento della negazione.
  4. Il Non-Essere come Fondamento della Negazione: La negazione, come atto soggettivo, è assimilata rigorosamente al giudizio affermativo. Tuttavia, è l'esperienza del non-essere che dà origine alla negazione. La negazione è quindi una risposta alla percezione del non-essere.

In sintesi, per Sartre, il non-essere e la negazione sono strettamente interconnessi. Il non-essere dà origine alla negazione, e la negazione è una manifestazione del non-essere. Questa interazione tra non-essere e negazione è fondamentale per comprendere la natura dell'essere e del nulla nella filosofia di Sartre.

Come sintetizza Sartre il rapporto tra l'essere e il Nulla in Hegel ?

Per Hegel, l'essere e il Nulla sono concetti strettamente interconnessi e rappresentano le fasi iniziali del suo sistema dialettico. Ecco una spiegazione basata sul testo:

  1. L'Essere e il Nulla come Astrazioni Vuote: Hegel considera l'essere e il Nulla come "astrazioni vuote". L'essere, nella sua forma più pura e indeterminata, è privo di qualsiasi contenuto o determinazione specifica. Allo stesso modo, il Nulla è una pura negazione, un'assenza totale di essere.
  2. Transizione Dall'Essere al Nulla: Hegel sostiene che l'essere puro, nella sua indeterminazione, "passa nel" suo contrario, il Nulla. Questo movimento dialettico dall'essere al Nulla e viceversa è fondamentale per la logica hegeliana. L'essere puro e il Nulla puro sono, in un certo senso, la stessa cosa. Tuttavia, differiscono in quanto la differenza tra di loro non è ancora determinata.
  3. Il Nulla come Vuoto: Per Hegel, il Nulla è un "vuoto" in relazione all'essere. Ma questo vuoto non è semplicemente un'assenza; è un vuoto di qualcosa. Mentre l'essere è vuoto di ogni determinazione (tranne l'identità con se stesso), il Nulla è "vuoto d’essere".
  4. Negazione e Non-Essere: Hegel introduce la negazione nell'essere, facendo riferimento alla nozione di negazione. Anche se si negano all'essere tutte le determinazioni, non si può negare che esso sia. La negazione non può toccare l'essenza dell'essere, che è una piena positività. Tuttavia, il non-essere (o Nulla) è una negazione che mira direttamente a questa essenza dell'essere.

In sintesi, per Hegel, l'essere e il Nulla sono concetti fondamentali e interdipendenti nel suo sistema dialettico. L'essere, nella sua indeterminazione, passa nel Nulla, e questo movimento dialettico è centrale per la sua filosofia. Il Nulla, come pura negazione, rappresenta l'assenza totale di essere, ma è strettamente legato all'essere stesso.

 

Perché, secondo Sartre, il Nulla è posteriore logicamente all'essere?

Secondo Sartre, il Nulla non può essere concepito indipendentemente o anteriormente all'essere. Ecco alcune ragioni chiave per cui il Nulla è logicamente posteriore all'essere:

  1. Essenza del Nulla: Il Nulla, per sua natura, è una negazione o un'assenza di essere. Non può esistere indipendentemente dall'essere, poiché il suo concetto stesso implica un riferimento all'essere. Il Nulla è definito in relazione all'essere, come una mancanza o una negazione di esso.
  2. Origine della Negazione: Sartre sostiene che il nulla non può esistere da solo; ha bisogno dell'essere per manifestarsi. Il nulla non è, il nulla è stato; il nulla non si annulla, è annullato. Deve esistere un essere che non sarà l'in-sé e che ha la proprietà di annullare il nulla, di sostenerlo col suo essere.
  3. Il Nulla nel Cuore dell'Essere: Il nulla non è qualcosa che esiste dopo l'essere o al di fuori dell'essere, ma si insinua nel cuore stesso dell'essere. Come Sartre afferma, il nulla si trova "nel seno stesso dell'essere, nel suo nocciolo, come un verme."
  4. Relazione Dialettica: L'essere e il nulla sono intrinsecamente legati in una relazione dialettica. L'essere si manifesta in relazione al nulla, e il nulla emerge come una negazione dell'essere. Questa interazione dialettica tra l'essere e il nulla è fondamentale per la filosofia esistenzialista di Sartre.

In sintesi, per Sartre, il nulla è logicamente posteriore all'essere perché il concetto stesso di nulla implica un riferimento all'essere. Il nulla emerge come una negazione o un'assenza di essere e non può essere compreso o definito indipendentemente da esso.

 

Sartre afferma che "il non essere non è il contrario dell'essere , è la sua contraddizione". Spieghiamo questa affermazione

 

Jean-Paul Sartre, nel suo "L'essere e il nulla", esplora la complessa relazione tra l'essere e il non-essere. Ecco una spiegazione dell'affermazione di Sartre:

  1. Contrarietà vs. Contraddizione: Mentre i contrari sono entrambi positivi (o negativi) e possono esistere simultaneamente come due estremi di una serie, la contraddizione implica una negazione. Il non-essere, come contraddizione dell'essere, non è semplicemente un altro stato o una condizione opposta, ma è una negazione dell'essere stesso.
  2. Posterità Logica del Nulla: Sartre sottolinea che il non-essere è logicamente posteriore all'essere. Questo significa che il non-essere emerge solo dopo che l'essere è stato prima posto e poi negato. Non si può concepire il non-essere senza prima avere un concetto dell'essere.
  3. Negazione nell'Essere: Hegel, che Sartre cita come riferimento, introduce implicitamente la negazione nella definizione stessa dell'essere. Ma Sartre sottolinea che una definizione è sempre negativa. Mentre Hegel può "far passare" l'essere nel nulla introducendo la negazione nella definizione dell'essere, Sartre vede il non-essere come una negazione dell'essere, non come un suo contrario.
  4. Relazione Dialettica: L'essere e il non-essere sono intrinsecamente legati in una relazione dialettica. L'essere si manifesta in relazione al non-essere, e il non-essere emerge come una negazione dell'essere. Questa interazione dialettica tra l'essere e il non-essere è fondamentale per la filosofia esistenzialista di Sartre.
  5. Il Non-Essere nel Cuore dell'Essere: Sartre afferma che il non-essere non si trova al di fuori o dopo l'essere, ma "nel seno stesso dell'essere, nel suo nocciolo, come un verme". Questo suggerisce che il non-essere è intrinsecamente legato all'essere, non come un opposto esterno, ma come una negazione interna.

In sintesi, per Sartre, il non-essere non è semplicemente l'opposto o il contrario dell'essere. Piuttosto, è una negazione o una contraddizione dell'essere. Questa visione riflette la complessa interazione dialettica tra l'essere e il non-essere nella filosofia esistenzialista di Sartre.

Qual è la differenza tra paura e angoscia per Sartre ?

Sartre esplora in profondità la distinzione tra paura e angoscia all'interno dell'opera "L'essere e il nulla". Ecco una sintesi delle sue riflessioni:

  1. Paura:
    • La paura si riferisce alla reazione emotiva nei confronti di una minaccia esterna o di un pericolo imminente. È una risposta a qualcosa di specifico e identificabile nel mondo.
    • La paura è apprensione irriflessa del trascendente. Si manifesta, ad esempio, quando si teme un pericolo imminente, come la minaccia di cadere da un precipizio.
    • La paura può essere provocata da situazioni esterne che rischiano di modificare la vita e l'essere di un individuo dall'esterno.
  2. Angoscia:
    • L'angoscia, al contrario, è una reazione emotiva alla libertà e alla responsabilità dell'individuo. È la consapevolezza della propria libertà di scelta e della potenziale assenza di significato o struttura nel mondo.
    • L'angoscia è apprensione riflessiva di sé. Si manifesta, ad esempio, quando si è consapevoli della propria capacità di gettarsi in un precipizio, non a causa di una forza esterna, ma a causa della propria libertà di scelta.
    • L'angoscia emerge quando l'individuo prende coscienza della sua libertà e si interroga sulle proprie reazioni e decisioni di fronte a una situazione. Ad esempio, un individuo potrebbe angosciarsi pensando se sarà o meno in grado di affrontare una nuova responsabilità o missione.

In sintesi, mentre la paura è una reazione a una minaccia esterna e concreta, l'angoscia è una risposta alla consapevolezza della propria libertà e responsabilità. L'angoscia, per Sartre, è strettamente legata alla natura dell'esistenza umana e alla libertà intrinseca dell'individuo.

 

Qual è il rapporto tra presente e passato nella coscienza secondo Sartre?

Nel "L'essere e il nulla", Sartre esplora la natura temporale della coscienza e il rapporto tra presente e passato. Ecco una sintesi delle sue riflessioni:

  1. La Coscienza e il Nulla: La coscienza è anteriore al nulla e "sgorga" dall'essere. Ogni processo psichico di annullamento implica una frattura tra il passato psichico immediato ed il presente. Questa frattura è precisamente il nulla.
  2. La Libertà e il Passato: La libertà è l'essere della coscienza. La coscienza deve essere come coscienza di libertà. Nella libertà, l'essere umano è il suo passato come anche il suo avvenire sotto forma di annullamento. La libertà è l'essere umano che mette il suo passato fuori gioco, producendo il suo nulla.
  3. L'Assenza e la Negazione: Sartre prende l'esempio di un appuntamento con Pietro. Se Pietro non è presente, la coscienza fa una constatazione dell'assenza di Pietro. Questa constatazione non è una semplice negazione ma un'intuizione dell'assenza. La coscienza popolare testimonia dell'esistenza di quest'intuizione, come quando si dice "ho visto subito che non era là".
  4. Il Presente e il Passato: La coscienza vive se stessa come annullamento del suo essere passato. Ogni processo annullatore deve trarre la sua origine solo da se stesso. Se il mio stato presente fosse un prolungamento del mio stato anteriore, ogni fessura per cui potrebbe infiltrarsi la negazione sarebbe completamente chiusa.

In sintesi, per Sartre, la coscienza è sempre in una relazione dinamica con il suo passato. Il presente non è semplicemente un prolungamento del passato; piuttosto, la coscienza si costituisce continuamente attraverso un processo di annullamento del suo essere passato, mettendo in gioco la sua libertà e la sua capacità di negazione.

Domande e risposte su - L'Essere e il Nulla" di Jean-Paul Sartre

 

Malafede

 

Cos'è la malafede?

 

La malafede è un concetto centrale nell'esistenzialismo di Sartre e rappresenta una forma di autoinganno o negazione della propria libertà e responsabilità. In "L'essere e il nulla", Sartre esplora la natura e le implicazioni della malafede attraverso vari esempi e analisi.

Nel contesto dell'opera, Sartre afferma che la malafede non si manifesta come una decisione chiara e consapevole di ingannare se stessi. Piuttosto, è un processo ambiguo in cui l'individuo si trova in una situazione di simultanea credenza e non credenza nella propria malafede. Questa ambiguità è intrinseca alla natura della malafede: "si crede e non si crede in malafede, si crede e non si crede in buona fede". La malafede, quindi, non aderisce a norme e criteri di verità tradizionali.

La malafede, inoltre, sfrutta l'ambiguità dell'essere umano, che è sia trascendenza (essere-per-sé) che fatticità (essere-in-sé). La malafede cerca di affermare questi due aspetti contraddittori dell'essere umano senza risolvere la loro tensione. Questo permette all'individuo di sfuggire alle responsabilità e alle implicazioni della propria libertà.

La malafede in Sartre rappresenta un tentativo di sfuggire alla propria libertà e responsabilità attraverso l'autoinganno. È un concetto complesso che esplora le tensioni e le contraddizioni dell'essere umano e la sua lotta per dare un senso alla propria esistenza.

Ecco alcune delle caratteristiche chiave della malafede:

  1. La malafede è fede: Non è pura menzogna o evidenza. È una forma di credenza, ma una credenza che si forma in modo ambiguo e contraddittorio.
  2. La malafede utilizza concetti contraddittori: Questi concetti combinano un'idea e la sua negazione. Ad esempio, l'essere umano può essere visto sia come una fatticità sia come una trascendenza.
  3. La malafede come fuga: La malafede cerca di sfuggire alla propria essenza, cercando rifugio nella disgregazione intima dell'essere. Ma, paradossalmente, nega questa disgregazione.
  4. Neutralizzazione dei comportamenti: Ad esempio, una donna in malafede potrebbe neutralizzare le intenzioni di un uomo, vedendo solo le sue azioni rispettose e non riconoscendo le sue intenzioni sottostanti.
  5. La malafede come negazione: L'essere umano in malafede si presenta nel mondo come una negazione, come un "no".
  6. La malafede non è solo menzogna: Mentre la menzogna implica una falsità consapevole, la malafede può essere autoingannatrice.

La malafede, come descritta da Sartre, è un complesso stato di autoinganno in cui l'individuo si rifugia in concetti contraddittori per sfuggire alla propria essenza. Non è semplicemente menzogna o falsità, ma piuttosto una forma di credenza che si forma attraverso una serie di negazioni e neutralizzazioni. La malafede rappresenta un tentativo di sfuggire alla propria realtà e responsabilità, ma in un modo che nega e distorce la verità.

Sartre afferma:

Quale unità troviamo in questi differenti aspetti della malafede? Una certa arte di formare concetti contraddittori, che riuniscono cioè in-sé un'idea e la negazione di quest'idea. Il concetto base che ne nasce, utilizza la duplice proprietà dell'essere umano, di essere una fatticità ed una trascendenza.

 

L'esempio della donna che si è recata al primo appuntamento con un uomo per spiegare la malafede

Nel testo "L'essere e il nulla", Jean-Paul Sartre presenta l'esempio di una donna al suo primo appuntamento con un uomo per illustrare il concetto di malafede. Ecco un riassunto dell'esempio:

Durante l'appuntamento, l'uomo inizia a fare delle avances alla donna, cercando di corteggiarla. La donna è consapevole delle intenzioni dell'uomo, ma sceglie di interpretare il suo comportamento come puramente rispettoso e innocente. Quando l'uomo prende la sua mano, lei lascia che ciò accada senza reagire, ma senza concedersi completamente. La sua mano rimane passiva e inerte, come se non fosse consapevole di ciò che sta accadendo.

 Si sa allora quel che succede; la giovane donna abbandona la mano, ma non s. Accorge di abbandonarla. Non s’accorge perché, per caso, avviene che ella è, in
questo momento, tutta spirito. Trasporta l'interlocutore nelle regioni più elevate della speculazione sentimentale, parla della vita, della sua vita, si mostra sotto l'aspetto essenziale: una persona, una coscienza. E durante questo tempo il divorzio del corpo e dell'anima è completo; la mano riposa inerte tra le calde mani del compagno: né consenziente né riluttante una cosa. Diremo che questa donna è in malafede.

La donna è in malafede perché non riconosce apertamente le intenzioni dell'uomo, pur essendone consapevole. Invece di affrontare la situazione direttamente, sceglie di "non sapere" le vere intenzioni dell'uomo e di interpretare il suo comportamento in un modo che le permette di mantenere una certa distanza emotiva. Questo le permette di evitare di prendere una decisione definitiva sulla situazione, mantenendo aperte tutte le possibilità.

In questo esempio, Sartre mostra come la malafede possa manifestarsi come un tentativo di sfuggire alla responsabilità e alla realtà di una situazione, attraverso un gioco di autoinganno e ambiguità. La donna, pur essendo consapevole delle intenzioni dell'uomo, sceglie di interpretare la situazione in un modo che le permette di evitare di affrontare direttamente le sue proprie emozioni e decisioni.

Quali sono le differenze tra malafede e menzogna?

La malafede e la menzogna sono due concetti distinti nell'opera di Sartre, anche se possono apparire simili a prima vista. Ecco le principali differenze tra i due:

  1. Origine e natura: La malafede è un atteggiamento che l'essere umano adotta nei confronti di se stesso. Si tratta di una forma di autoinganno, in cui l'individuo si nasconde una verità scomoda o si presenta un'illusione come verità. La menzogna, d'altra parte, è un atteggiamento negativo rivolto verso il trascendente, cioè verso qualcosa al di fuori di sé. Mentre la malafede è menzogna a se stessi, la menzogna propriamente detta è diretta verso gli altri.
  2. Conoscenza della verità: Nella menzogna, il mentitore è pienamente consapevole della verità che sta mascherando. Non si mente su ciò che si ignora. La malafede, invece, implica una sorta di doppia coscienza: da un lato, c'è la consapevolezza della verità, ma dall'altro, c'è un tentativo di nasconderla o distorcerla a se stessi.
  3. Relazione con gli altri: La menzogna implica una dualità tra l'ingannatore e l'ingannato. C'è una distinzione chiara tra colui che mente e colui che viene ingannato. Nella malafede, questa dualità non esiste. La malafede è un autoinganno, quindi l'ingannatore e l'ingannato sono la stessa persona.
  4. Stabilità: La malafede può essere un atteggiamento costante nella vita di una persona. Può diventare l'aspetto normale della vita per molti. La menzogna, invece, è spesso un atto isolato o temporaneo.

In sintesi, mentre la menzogna è un atto di nascondere la verità agli altri, la malafede è un processo più complesso e profondo di autoinganno. La malafede riguarda la relazione dell'individuo con se stesso, mentre la menzogna riguarda la relazione con gli altri. La malafede è, in un certo senso, una menzogna a se stessi, ma le sue implicazioni e la sua natura sono diverse dalla menzogna tradizionale.

 

Perché esiste una malafede patologica che il freudismo non può spiegare con l'inconscio?

La concezione della malafede in Sartre differisce notevolmente dalla concezione freudiana dell'inconscio. Mentre Freud si concentra sull'idea di un inconscio che nasconde verità scomode o desideri repressi, Sartre considera la malafede come un atto cosciente di autoinganno.

Nel contesto della malafede patologica, Sartre cita l'esempio di donne che, a seguito di una delusione coniugale, diventano frigide, cioè iniziano a nascondersi il piacere che l'atto sessuale può procurare loro. Queste donne non stanno nascondendo complessi profondamente radicati nelle profondità oscure dell'inconscio, come potrebbe suggerire la teoria freudiana. Piuttosto, stanno dissimulando comportamenti oggettivamente percepibili e che sono consapevoli di vivere nel momento in cui li vivono. Ad esempio, spesso il marito può rivelare che la moglie ha mostrato segni oggettivi di piacere. Questo tipo di autoinganno è cosciente e deliberato, e non può essere spiegato semplicemente come una repressione dell'inconscio.

Inoltre, Sartre sottolinea che la malafede non è qualcosa che può essere semplicemente "scoperto" o "rivelato" come potrebbero essere i contenuti dell'inconscio in una sessione di psicanalisi. La malafede è un'azione, un comportamento, e non un contenuto nascosto della mente.

In sintesi, mentre il freudismo potrebbe cercare di spiegare certi comportamenti o sentimenti come risultato di desideri o paure repressi nell'inconscio, Sartre vede la malafede come un atto cosciente di autoinganno. Questa distinzione rende difficile per il freudismo spiegare la malafede patologica solo attraverso il concetto di inconscio.

 

Perché La sincerità, intesa come sforzo continuo di aderire a se stessi, è una contraddizione?

La sincerità, come intesa da Sartre, è un tentativo di essere ciò che si è. Tuttavia, la struttura fondamentale della coscienza umana presenta una contraddizione intrinseca: l'essere umano non è all'origine ciò che è. Questa dinamica implica che, anche se uno può cercare di diventare sincero, la struttura originaria del "non essere ciò che si è" rende impossibile ogni divenire verso l'essere-in-sé o "essere ciò che si è". Non si può essere se stessi, perché solo l’in-sé è sé stesso.

La sincerità, quindi, mira a far coincidere il nostro essere con ciò che siamo, cercando di farci essere nel modo dell'in-sé, quel che siamo nel modo del "non essere ciò che siamo". Ma il postulato di fondo della sincerità è che siamo già, in essenza, nel modo dell'in-sé, ciò che dobbiamo essere. Questo porta a un gioco perpetuo di specchi e riflessi, un continuo passaggio tra diversi modi d'essere. La sincerità è impossibile, è anch'essa una forma di malafede perché il carattere di un individuo non è statico e uniforme, ma sottoposto a contraddizione perenne.

In altre parole, la sincerità cerca di stabilire una coincidenza tra ciò che siamo e come ci percepiamo o ci presentiamo, ma la natura contraddittoria dell'essere umano rende questo sforzo intrinsecamente problematico. L'essere umano è costantemente in una tensione tra "essere ciò che è" e "non essere ciò che è". Questa tensione è al cuore della contraddizione della sincerità: mentre ci sforziamo di essere sinceri, siamo anche consapevoli della vanità di tale sforzo, poiché non possiamo mai raggiungere pienamente l'ideale della sincerità a causa della nostra natura contraddittoria. 

In sintesi, la sincerità, come sforzo di aderire a se stessi, è una contraddizione perché, nonostante i nostri sforzi, non possiamo mai essere completamente sinceri a causa della natura dualistica e contraddittoria dell'essere umano. La sincerità, quindi, diventa un gioco perpetuo tra ciò che siamo e come desideriamo presentarci, senza mai raggiungere una vera coincidenza tra i due.

Cos'è "credere" per Sartre?

Quando si crede in qualcosa, si è anche consapevoli di questa credenza. Ma il momento in cui si diventa consapevoli della propria credenza, essa si trasforma. Credere è sapere che si crede, e sapere che si crede non è più credere. Questa dinamica rende la credenza una forma di non-credenza, poiché la consapevolezza della credenza la nega. Eppure, questa non-credenza è ancora una forma di credenza. Questa interazione tra credere e sapere che si crede, tra l'immediato e il mediato, è al cuore della comprensione di Sartre sul concetto di "credere". Ogni credenza è limitata, perché contiene in se la consapevolezza della soggettività del credere.

Credere è non credere. L’essere della coscienza consiste nell’esistere da sé, cioè nel farsi essere e quindi nel superarsi. In questo senso, la coscienza è perpetuamente fuga da sé, la credenza diviene non-credenza.

Inoltre, Sartre sottolinea che la coscienza non-tetica (non pone che se stessa) di credere, cioè una consapevolezza non riflessiva della propria credenza, è in realtà distruttiva per la credenza stessa. Ma, al tempo stesso, la natura della coscienza è tale che l'essere della credenza deve essere la consapevolezza di credere. Quindi, la credenza è un essere che si mette in discussione nel suo proprio essere, che può realizzarsi solo nella sua distruzione, e che può manifestarsi a se stesso solo negandosi.

In sintesi, per Sartre, "credere" è un atto complesso e paradossale, intrinsecamente legato alla natura dualistica e trasparente della coscienza, dove l'atto di credere e la consapevolezza di tale atto sono in un continuo gioco di affermazione e negazione. Credere, quindi, è un essere che si pone in questione nel suo proprio essere, un essere per cui essere è apparire, e apparire è negarsi.

L'ESSERE-PER-SÉ

 

Cos'è il per-sé?

 

Il concetto di "per-sé" è centrale nell'opera "L'Essere e il Nulla" di Jean-Paul Sartre. Esso rappresenta una delle strutture fondamentali dell'essere nella filosofia sartreana. Ecco una spiegazione basata sul testo:

Il per-sé si contrappone all'in-sé. Mentre l'in-sé rappresenta l'essere in quanto tale, statico e senza coscienza, il per-sé rappresenta l'essere cosciente, l'essere che ha la capacità di riflettere su se stesso e sul mondo. Il per-sé è caratterizzato da una negazione interna, in quanto si costituisce in opposizione all'in-sé. Questa negazione è ciò che permette al per-sé di avere coscienza di sé e del mondo.

Un punto fondamentale del per-sé è la sua presenza all'essere. Questa presenza non è casuale o accidentale, ma è una struttura ontologica del per-sé. Il per-sé si definisce come presenza all'essere e, in particolare, è presenza a tutto l'essere-in-sé. Questa presenza del per-sé fa sì che vi sia una totalità dell'essere-in-sé. In altre parole, il per-sé unisce gli esseri in un mondo attraverso la sua presenza, rendendoli compresenti.

In sintesi, il per-sé è l'essere cosciente, che si definisce in opposizione all'in-sé e che si caratterizza per la sua capacità di essere presente all'essere-in-sé, unendo gli esseri in un mondo compresente. Questa presenza è ciò che permette al per-sé di avere una coscienza di sé e del mondo, e di riflettere sulla propria esistenza e sul significato dell'essere.

Cosa significa che "L'essere che è ciò che è, deve poter essere l'essere che non è ciò che non è."?

Questa affermazione riflette una delle idee centrali della filosofia di Sartre riguardo la natura dell'essere e del non-essere. La frase sottolinea la complessa relazione tra l'essere e la sua negazione, tra ciò che è e ciò che non è.

Nella filosofia di Sartre, l'essere si manifesta in due modi principali: l'in-sé e il per-sé. L'in-sé rappresenta l'essere in quanto tale, statico e senza coscienza. È l'essere nella sua pienezza e totalità. Il per-sé, d'altra parte, rappresenta l'essere cosciente, l'essere che ha la capacità di riflettere su se stesso e sul mondo. Il per-sé è caratterizzato dalla sua negazione, dalla sua capacità di non essere ciò che è.

La frase "L'essere che è ciò che è, deve poter essere l'essere che non è ciò che non è" sottolinea l'idea che l'essere, nella sua totalità, deve avere la capacità di negare se stesso, di non essere ciò che è. Questa capacità di negazione è ciò che permette al per-sé di avere una coscienza di sé e del mondo. In altre parole, l'essere deve poter trascendere se stesso, deve poter essere e non essere allo stesso tempo.

Questa idea riflette la complessa natura dell'essere nella filosofia sartriano. L'essere non è semplicemente ciò che è, ma ha anche la capacità di non essere ciò che non è. Questa dualità, questa tensione tra l'essere e il non-essere, è al cuore della filosofia esistenzialista di Sartre e riflette la sua comprensione della natura umana e della condizione esistenziale.

 

Perché il per-sé non può vivere indipendentemente dall’in-sé?

Il per-sé è la manifestazione dell'essere cosciente, l'essere che ha la capacità di riflettere su se stesso e sul mondo. Tuttavia, questa coscienza non esiste in un vuoto; piuttosto, si definisce in relazione a qualcosa di esterno a sé, che è l'in-sé. L'in-sé rappresenta l'essere in quanto tale, statico e senza coscienza, l'essere nella sua pienezza e totalità.

Il per-sé, nella sua essenza, è caratterizzato dalla negazione. Si definisce attraverso ciò che non è, e questa negazione è diretta verso l'in-sé. In altre parole, il per-sé prende coscienza di sé attraverso la sua differenza e separazione dall'in-sé. Questa relazione di negazione e differenziazione è ciò che permette al per-sé di esistere come entità cosciente.

Senza l'in-sé come punto di riferimento, il per-sé non avrebbe nulla da cui differenziarsi e, quindi, non avrebbe modo di definirsi o di prendere coscienza di sé. L'in-sé fornisce il contesto e il contrasto necessari affinché il per-sé possa emergere come entità distinta e cosciente.

In sintesi, il per-sé e l'in-sé sono interdipendenti nella filosofia di Sartre. Mentre il per-sé rappresenta la coscienza e la negazione, l'in-sé rappresenta l'essere statico e non cosciente. La coscienza del per-sé emerge solo in relazione e in contrapposizione all'in-sé. Pertanto, il per-sé non può esistere o avere significato senza l'in-sé come suo punto di riferimento.

 

Perché la libertà umana precede l’essenza dell’uomo e la rende possibile?

La filosofia di Sartre ruota attorno all'idea che "l'esistenza precede l'essenza". Questo concetto sottolinea l'importanza primaria della libertà umana nella definizione dell'essenza o della natura dell'individuo. Ecco una spiegazione basata sul testo l'essere e il nulla:

  1. Libertà come Fondamento: La libertà non è solo una caratteristica o una qualità che gli esseri umani possiedono; è il fondamento stesso dell'esistenza umana. La realtà umana, o il per-sé, emerge dalla libertà e, in ogni momento, è sospinta dal suo valore intrinseco.
  2. Libertà e Valore: Il valore, come menzionato nel testo, non è posto dal per-sé ma gli è consustanziale. Questo significa che il valore e la libertà sono intrinsecamente legati e inscindibili. La realtà umana comprende sia il per-sé sia il valore, e questi due elementi sorgono insieme in un'unità consustanziale.
  3. Libertà e Autodefinizione: La libertà permette agli individui di definire se stessi attraverso le loro scelte e azioni. In altre parole, gli esseri umani creano la loro essenza attraverso la libertà. Non sono definiti da una natura o essenza preesistente, ma piuttosto si definiscono attraverso le loro azioni libere.
  4. Contrapposizione con l'In-sé: Mentre l'in-sé rappresenta l'essere statico e non cosciente, il per-sé rappresenta l'essere cosciente e libero. La libertà del per-sé è ciò che lo distingue e lo separa dall'in-sé. Questa libertà è ciò che permette al per-sé di trascendere l'in-sé e di definire la propria essenza.

In sintesi, la libertà umana è al centro della filosofia esistenzialista di Sartre. È la libertà che rende possibile l'essenza dell'individuo, permettendo all'essere umano di definire se stesso attraverso le sue scelte e azioni. L'essenza dell'individuo non è predeterminata, ma è creata e definita attraverso l'esercizio della libertà.

 

 

Come e perché il nulla è legato alla coscienza?

Il legame tra il nulla e la coscienza è uno degli aspetti centrali della filosofia di Sartre in "L'Essere e il Nulla".

  1. Coscienza e Negazione: La coscienza, nella filosofia di Sartre, è intrinsecamente legata alla negazione. La coscienza si manifesta attraverso ciò che non è, attraverso la mancanza. Questa mancanza, o negazione, è ciò che Sartre chiama "nulla".
  2. Coscienza come Mancanza: La coscienza non è semplicemente coscienza di qualcosa; è anche coscienza di ciò che manca, di ciò che non è. Questa mancanza è ciò che permette alla coscienza di emergere e di definirsi. Senza questa mancanza, la coscienza non sarebbe coscienza.
  3. Nulla come Trascendenza: Il nulla non è semplicemente un'assenza; è una trascendenza. Emerge nell'intimo della coscienza come un'assenza, ma anche come qualcosa che trascende la coscienza. Questa trascendenza è ciò che permette alla coscienza di riflettere su se stessa e sul mondo.
  4. Coscienza e trascendenza: La coscienza, attraverso il nulla, è in grado di trascendere se stessa. Questa auto-trascendenza è ciò che permette alla coscienza di essere cosciente non solo di ciò che è, ma anche di ciò che potrebbe essere. In altre parole, la coscienza è sempre in rapporto con le sue potenzialità, con ciò che potrebbe diventare.

In sintesi, il nulla è legato alla coscienza in quanto rappresenta la mancanza e la negazione che sono al cuore della coscienza stessa. Senza il nulla, la coscienza non avrebbe modo di definirsi o di trascendere se stessa. Il nulla, quindi, non è solo un'assenza, ma è anche una potenza, una forza che permette alla coscienza di emergere e di definirsi.

 

Perché la libertà obbliga l’uomo al continuo rifacimento di sé stesso?

Nella filosofia esistenzialista di Jean-Paul Sartre, la libertà non è solo una capacità o un diritto, ma è il fondamento stesso dell'esistenza umana. Essa rappresenta la natura intrinseca dell'essere umano e la sua capacità di autodeterminazione. Ma questa libertà non è senza conseguenze o responsabilità.

Sartre stesso si chiede:

Che  cosa  vuol  dire  esattamente  essere  il  proprio  avvenire?

E quale  tipo  d'essere  possiede  l'avvenire?

Quando Sartre afferma che l'uomo è "condannato ad essere libero", sottolinea l'inesorabile responsabilità che deriva dalla nostra libertà. Non siamo solo liberi di fare scelte, ma siamo obbligati a farle, e ogni scelta che facciamo definisce chi siamo. Non esiste un'essenza predefinita o un destino predeterminato per l'essere umano; siamo ciò che facciamo delle nostre vite attraverso le nostre scelte libere.

Questo continuo processo decisionale, questa incessante necessità di fare scelte, obbliga l'individuo a un continuo rifacimento di sé stesso. Non possiamo mai riposare su ciò che siamo stati in passato o su ciò che abbiamo fatto. Ogni nuovo momento, ogni nuova situazione, richiede una nuova decisione, una nuova definizione di chi siamo. E poiché la nostra libertà è inesauribile, questo processo di autodefinizione non ha mai fine.

Inoltre, la libertà di Sartre non è un'esperienza isolata o individuale. Siamo liberi in relazione agli altri e al mondo che ci circonda. Le nostre scelte non solo definiscono chi siamo, ma anche come ci relazioniamo con gli altri e come interpretiamo e influenziamo il mondo intorno a noi.

In conclusione, la libertà, nella filosofia di Sartre, è sia una benedizione che un fardello. È ciò che ci rende unici come individui e ci permette di definire e ridefinire continuamente noi stessi. Ma è anche ciò che ci obbliga a prendere decisioni, ad affrontare le conseguenze delle nostre scelte.

 

Cos'è il presente per Sartre e perché è ciò che permette a l'uomo la libera scelta?

Il concetto di "presente" in Jean-Paul Sartre ha una profonda risonanza ontologica e fenomenologica.

Il presente per Sartre è definito come presenza all'essere. Questa presenza, tuttavia, non è una semplice demarcazione temporale o un punto fisso nel tempo. Piuttosto, è una manifestazione dell'essere nella sua interazione con la coscienza. In altre parole, il presente è il momento in cui l'essere si rivela alla coscienza. Ma c'è una particolarità: il presente, in quanto tale, non è. Ciò significa che, mentre l'essere si manifesta nel presente, il presente stesso rimane evanescente, scivolando continuamente nell'essere.

Questa natura del presente ha profonde implicazioni per la nozione di libertà e scelta in Sartre. Poiché il presente è sia una rivelazione dell'essere che un puro nulla, esso rappresenta un momento di pura potenzialità e possibilità. È nel presente che l'individuo si trova di fronte alle infinite possibilità dell'essere e ha la libertà di scegliere tra queste possibilità. Questa libertà di scelta non è un dato astratto o teorico; è concretamente vissuta nel presente, nel momento in cui l'individuo si confronta con l'essere e decide come agire.

In sintesi, il presente per Sartre è il luogo della rivelazione dell'essere e della libertà di scelta. È nel presente che l'individuo sperimenta la sua libertà e fa le sue scelte, determinando così il suo futuro e definendo il suo essere. La natura evanescente e dinamica del presente, come sia rivelazione dell'essere che puro nulla, è ciò che rende possibile questa libertà di scelta.

 

Cos'è il passato per Sartre e perché io sono il mio passato?

Ciò che vi è di terribile nella morte” dice Malraux, “è che trasforma la vita in destino"

Il concetto di "passato" in Jean-Paul Sartre è profondamente legato alla sua ontologia e alla sua comprensione dell'esistenza umana.

Il passato per Sartre è una dimensione dell'essere che rappresenta la fatticità e la contingenza dell'esistenza. È ciò che è stato e che non può più essere cambiato. Tuttavia, non è semplicemente un residuo inerte o un ricordo; è una parte integrante dell'essere dell'individuo. Come Sartre afferma, il passato è l'"in-sé" che l'individuo deve essere, ma senza la possibilità di non esserlo. È la realtà concreta e invulnerabile dell'essere che l'individuo porta con sé. "Il passato è ciò che è senza nessuna possibilità di nessun genere, ciò che ha consumato le sue possibilità. " Sartre

Ma c'è una sfumatura cruciale nella comprensione di Sartre del passato: io sono il mio passato. Questo non significa che l'individuo sia definito o limitato dal suo passato in un senso deterministico. Piuttosto, significa che l'individuo è la manifestazione concreta del suo passato nel presente. Il passato non esisterebbe senza l'individuo, e l'individuo non sarebbe ciò che è senza il suo passato. Come Sartre afferma, il passato è ciò che l'individuo è senza poterlo vivere. È una parte integrante dell'essere dell'individuo, e l'individuo deve assumersi la responsabilità di esso.

"Il «mio» passato è anzitutto mio, cioè esiste in funzione di un certo essere che io sono. Il passato non è il niente, non è neppure il presente, ma deriva dalla stessa fonte, essendo legato a un certo presente e a un certo futuro." Sartre

Inoltre, il passato, pur essendo un "in-sé", differisce dai possibili futuri dell'individuo. Mentre il futuro contiene diverse possibilità, il passato è ciò che è senza alcuna possibilità. È definitivo e irrevocabile. Eppure, è attraverso il passato che l'individuo si definisce nel mondo. Nell'atto estremo della morte, il passato può definirci in maniera definitiva.

È ciò che Sofocle intende esprimere quando nelle Trachinie fa dire a Deianira: “è una massima riconosciuta da lungo tempo fra gli uomini, che non ci si può pronunciare sulla vita dei mortali e dire se essa è stata felice o infelice, prima della loro morte”. Sartre

In sintesi, il passato per Sartre è una dimensione essenziale dell'essere dell'individuo. È ciò che l'individuo è stato e ciò che continua a essere nel presente. L'individuo è il suo passato nel senso che porta con sé la realtà e la fatticità del suo passato, e deve assumersi la responsabilità di esso.

 

Cos'è il futuro per Sartre e perché solo per mezzo della realtà umana il futuro viene al mondo?

Il futuro è: ciò che ho da essere in quanto posso non esserlo.

Sartre

Il concetto di "futuro" in Jean-Paul Sartre è strettamente legato alla sua comprensione dell'esistenza umana e della libertà.

Il futuro, per Sartre, non è una semplice proiezione temporale o una serie di eventi che accadranno. Piuttosto, è una dimensione dell'essere che rappresenta la possibilità e la trascendenza. Il futuro è ciò che potrebbe essere, ma che non è ancora. È il regno delle infinite possibilità che si aprono davanti all'individuo, e che l'individuo ha la libertà di realizzare o di rifiutare.

Tuttavia, queste possibilità non esistono in un vuoto. Esse emergono solo in relazione alla realtà umana, cioè all'esistenza concreta e situata dell'individuo. In altre parole, solo attraverso la realtà umana il futuro viene al mondo. Questo perché è solo l'individuo, nella sua libertà e nella sua capacità di proiettarsi nel futuro, che può dare un senso e una direzione a queste possibilità. Senza l'individuo, il futuro rimarrebbe un puro nulla, una serie indeterminata di potenzialità senza significato o direzione.

Un punto cruciale qui è che l'individuo non è semplicemente un passivo ricevitore del futuro. Al contrario, l'individuo è colui che crea il suo futuro attraverso le sue scelte e le sue azioni. Come Sartre afferma, "Io sono colui per mezzo del quale il mio passato viene a questo mondo". In modo simile, è attraverso l'individuo che il futuro viene al mondo. L'individuo è responsabile del suo futuro, e deve assumersi la responsabilità delle sue scelte e delle sue azioni.

In sintesi, il futuro per Sartre è una dimensione dell'essere che rappresenta la possibilità e la trascendenza. Ma è solo attraverso la realtà umana, attraverso l'esistenza concreta e situata dell'individuo, che queste possibilità acquistano un significato e una direzione. L'individuo è colui che porta il futuro al mondo, e che, attraverso le sue scelte e le sue azioni, dà forma e direzione a questo futuro.

 

Qual è la relazione dell'angoscia con le dimensioni temporali?

L'angoscia, per Sartre, è una manifestazione fondamentale della libertà umana e della consapevolezza dell'essere. Essa emerge quando l'individuo si rende conto delle infinite possibilità che si aprono davanti a lui e della responsabilità di scegliere tra queste possibilità. Questa consapevolezza delle possibilità e della responsabilità di scelta è strettamente legata alle dimensioni temporali dell'esistenza.

Le dimensioni temporali, in particolare il passato, il presente e il futuro, sono centrali nella filosofia di Sartre. Il passato rappresenta la fatticità dell'individuo, ciò che è stato e che non può più essere cambiato. Tuttavia, come Sartre sottolinea, "io sono il mio passato, il mio passato non esisterebbe più se io non lo fossi". Questo significa che l'individuo è costantemente legato al suo passato e deve assumersi la responsabilità di esso.

Il futuro, d'altra parte, rappresenta le infinite possibilità che si aprono davanti all'individuo. È il regno della trascendenza e della libertà. Ma queste possibilità non esistono in un vuoto; emergono solo in relazione alla realtà umana, all'esistenza concreta e situata dell'individuo.

L'angoscia emerge quando l'individuo si confronta con queste possibilità e si rende conto della sua libertà di scelta. L'angoscia è la consapevolezza dell'apertura del futuro e della responsabilità di dare forma a questo futuro attraverso le proprie scelte e azioni. È la reazione emotiva alla libertà e alla responsabilità dell'essere.

Di qui l'angoscia che abbiamo descritto prima e che proviene dal fatto che non sono abbastanza quel futuro che devo essere e che dà senso al mio presente; io sono un essere il cui senso è sempre problematico. Sartre

In sintesi, l'angoscia è strettamente collegata alle dimensioni temporali perché è la manifestazione della consapevolezza dell'individuo delle sue possibilità e della sua responsabilità di scelta nel contesto del tempo. L'angoscia emerge quando l'individuo si rende conto della sua libertà di determinare il suo futuro e si confronta con la responsabilità di questa libertà.

Quali sono le caratteristiche della realtà-umana introdotta da Sartre?

La "realtà-umana" è un concetto centrale nell'opera di Jean-Paul Sartre, e si riferisce alla natura dell'esistenza umana.

  1. Mancanza e Trascendenza: La realtà-umana è definita dalla sua natura come "mancanza". Essa esiste come mancanza e si supera costantemente verso ciò che le manca. Questo superamento è una forma di trascendenza, in cui l'individuo si supera verso l'essere particolare che sarebbe se fosse ciò che è. «La realtà-umana, superandosi verso la propria possibilità di negazione, si fa essere ciò per cui la negazione mediante superamento viene al mondo; solo con la realtà umana la mancanza viene alle cose sotto forma di “potenza”, “incompiutezza”, “rinvio”, “potenzialità”.» Sartre
  2. Presenza a sé: La realtà-umana è presente a sé stessa e al mondo. Questa presenza non è una semplice contiguità o relazione esterna, ma è una struttura ontologica del per-sé. La realtà-umana si definisce come presenza all'essere.
  3. Fondamento del Nulla: La realtà-umana è l'essere che, nel suo essere e per il suo essere, è il fondamento unico del nulla nell'essere. In altre parole, l'individuo è colui che introduce il nulla, o la negazione, nell'essere.
  4. Relazione con il Passato: La realtà-umana è legata al suo passato. Come Sartre afferma, "io sono il mio passato". Questo significa che l'individuo è costantemente legato al suo passato e deve assumersi la responsabilità di esso.
  5. Progetto Originale del suo Nulla: La realtà-umana si costituisce come tale in quanto non è nient'altro che il progetto originale del suo nulla. Questo progetto rappresenta la natura fondamentale dell'individuo come essere che si proietta costantemente nel futuro, verso le sue possibilità.
  6. Relazione con Dio: Sartre suggerisce che la realtà-umana è ossessionata da una totalità che essa è senza poterla essere. Questa totalità, quando viene ipostatizzata come trascendenza al di là del mondo, prende il nome di Dio.

In sintesi, la realtà-umana per Sartre è un essere che si definisce attraverso la sua mancanza, la sua trascendenza, la sua presenza a sé e al mondo, e la sua capacità di introdurre il nulla nell'essere. È un essere in costante tensione e movimento, sempre alla ricerca di sé stesso e delle sue possibilità.

Coscienza tetica e coscienza non-tetica quali sono le caratteristiche e le differenze?

Jean-Paul Sartre introduce i concetti di coscienza tetica e coscienza non-tetica per esplorare la natura e la struttura della coscienza umana. Ecco le principali caratteristiche di questi due tipi di coscienza:

  1. Coscienza Non-Tetica:
    • Si riferisce a una forma di coscienza che è implicita, non riflessiva e immediata.
    • È una coscienza di sé che non si pone come oggetto di riflessione o attenzione.
    • È una presenza a sé stessa e al mondo senza essere esplicitamente consapevole di sé come oggetto.
    • Ad esempio, quando siamo immersi in un'attività e non siamo consapevoli di noi stessi mentre la svolgiamo, stiamo sperimentando la coscienza non-tetica.
  2. Coscienza Tetica:
    • Si riferisce a una forma di coscienza che è esplicita, riflessiva e intenzionale.
    • È una coscienza che si pone come oggetto di riflessione o attenzione.
    • Si manifesta quando ci fermiamo a riflettere su noi stessi, sulle nostre azioni o sul mondo che ci circonda.
    • Ad esempio, quando ci rendiamo conto di "sentire il tempo che scorre" o quando ci percepiamo come "qualcosa che sta durando", stiamo sperimentando la coscienza tetica.

Differenze Principali:

  • Mentre la coscienza non-tetica è implicita e non riflessiva, la coscienza tetica è esplicita e riflessiva.
  • La coscienza non-tetica è una forma di autoconsapevolezza che non si pone come oggetto, mentre la coscienza tetica si pone come oggetto di riflessione.
  • La coscienza tetica può essere vista come una "seconda riflessione" o una "riflessione sulla riflessione", mentre la coscienza non-tetica è una forma di consapevolezza diretta e immediata.

In sintesi, mentre la coscienza non-tetica rappresenta una forma di consapevolezza implicita e non riflessiva, la coscienza tetica rappresenta una forma di consapevolezza esplicita e riflessiva. Entrambe sono essenziali per comprendere la complessa struttura della coscienza umana secondo Sartre.

Come è possibile e come si realizza la riflessione?

La riflessione, secondo Jean-Paul Sartre, è un fenomeno complesso e centrale nella comprensione dell'essere umano. Ecco come Sartre descrive la natura e la realizzazione della riflessione:

  1. Natura della Riflessione:
    • La riflessione è un tipo d'essere in cui il per-sé tenta di interiorizzarsi nel suo essere, cercando di essere per se stesso ciò che è.
    • Si tratta di un tentativo di superare l'essere che sfugge, di farne un dato, un dato che è ciò che è.
    • La riflessione ha lo scopo di raccogliere nell'unità di uno sguardo questa totalità incompiuta e di sfuggire alla sfera del perpetuo rinvio.
  2. Realizzazione della Riflessione:
    • La riflessione si realizza quando il per-sé si pone come oggetto di riflessione o attenzione.
    • La causa della riflessione consiste in un duplice tentativo simultaneo di obiettivazione e di interiorizzazione.
    • La riflessione può essere sia pura che impura. La riflessione pura è una forma di riflessione non mediata e diretta, mentre la riflessione impura o costitutiva implica una forma di mediazione e costituzione della temporalità psichica.
  3. Riflessione e Temporalità:
    • La riflessione è strettamente legata alla temporalità del per-sé ma la temporalizzazione del per-sé non limita i diritti e la portata della riflessione.

In sintesi, la riflessione, secondo Sartre, è un tentativo del per-sé di recuperare e fondare il proprio essere, di raccogliere e interiorizzare la propria essenza. È un fenomeno che si manifesta sia nella forma pura che impura e che è intrinsecamente legato alla temporalità dell'essere umano.

 

Temporalità psichica e temporalità originaria (originale): quali sono le caratteristiche e le differenze?

Jean-Paul Sartre esplora profondamente la natura del tempo e della temporalità nell'essere umano. Ecco una distinzione tra la temporalità psichica e la temporalità originaria secondo Sartre:

  1. Temporalità Originaria:
    • La temporalità originaria riguarda la modalità fondamentale con cui il per-sé sperimenta il tempo.
    • Il per-sé dura sotto forma di coscienza non-tetica di durare. Questa temporalità non costituisce altro che se stessa.
    • È una forma di temporalità che non si basa sulla riflessione o sulla percezione, ma è piuttosto un'esperienza diretta e immediata del tempo.
  2. Temporalità Psichica:
    • La temporalità psichica emerge quando il per-sé diventa consapevole della sua durata nel tempo.
    • Si manifesta quando il per-sé si percepisce come "qualcosa che sta durando". Questa percezione è tetica e assomiglia molto a una forma di conoscenza.
    • La temporalità psichica è strettamente legata alla riflessione. Si rivela solo alla riflessione e appartiene alla coscienza riflessa.
    • Questa forma di temporalità può apparire come una serie di "adesso" che sono stati e che rimangono al loro posto assegnato, influenzandosi a distanza nella loro totalità.

Differenze Principali:

  • Mentre la temporalità originaria è una forma di esperienza diretta e non riflessiva del tempo, la temporalità psichica è una forma di consapevolezza riflessiva e tetica della durata.
  • La temporalità psichica è legata alla percezione e alla riflessione, mentre la temporalità originaria è legata all'esperienza diretta e immediata del tempo.
  • La temporalità psichica può essere vista come una "seconda riflessione" o una "riflessione sulla riflessione", mentre la temporalità originaria è una forma di consapevolezza diretta e non mediata.

In sintesi, mentre la temporalità originaria rappresenta la modalità fondamentale con cui il per-sé sperimenta il tempo, la temporalità psichica rappresenta la consapevolezza riflessiva e tetica della durata nel tempo. Entrambe sono essenziali per comprendere la complessa struttura della temporalità umana secondo Sartre.

 

 

Perché la conoscenza è un tipo di relazione tra il per-sé e l'in-sé?

 

Nell'opera di Jean-Paul Sartre, la conoscenza emerge come un punto cruciale di intersezione tra il per-sé e l'in-sé. Il per-sé, rappresentando la coscienza, e l'in-sé, rappresentando l'essere o la "cosa", non sono entità isolate, ma sono profondamente intrecciate in una relazione dinamica che dà origine alla conoscenza.

La conoscenza, come Sartre la descrive, non è una semplice rappresentazione mentale o una percezione passiva. È, piuttosto, una manifestazione attiva della presenza del per-sé all'in-sé. Questa idea di "presenza" è fondamentale. Mentre l'in-sé esiste in modo statico, semplicemente essendo ciò che è, il per-sé ha la capacità unica di "essere presente" all'in-sé. Questa presenza non è una semplice osservazione; è una forma di interazione e di coinvolgimento attivo.

Sartre inverte la definizione tradizionale di intuizione. Invece di vedere l'intuizione come la presenza della "cosa" alla coscienza, Sartre sostiene che l'intuizione è la presenza della coscienza alla "cosa". Questo sottolinea l'importanza attiva e centrale del per-sé nella realizzazione della conoscenza. La coscienza non è un semplice spettatore; è un partecipante attivo che si fa presente all'essere.

Questa relazione tra il per-sé e l'in-sé non è casuale o accidentale. È una struttura fondamentale dell'essere umano. La conoscenza emerge da questa relazione, da questa interazione dinamica e continua. La coscienza, nel suo tentativo di comprendere e fare esperienza del mondo, si fa presente all'essere, e in questo processo di presenza, la conoscenza viene alla luce.

In altre parole, la conoscenza non è qualcosa che si trova "là fuori" in attesa di essere scoperta. È piuttosto qualcosa che si realizza attraverso la relazione attiva e dinamica tra il per-sé e l'in-sé. La coscienza non riceve passivamente informazioni dall'essere; piuttosto, attraverso la sua presenza attiva, la coscienza conosce e comprende l'essere.

Questa comprensione della conoscenza come una relazione tra il per-sé e l'in-sé sottolinea la visione esistenzialista di Sartre sulla natura attiva e trascendentale della coscienza. La coscienza non è un recipiente vuoto; è un'entità attiva che si fa presente al mondo e, attraverso questa presenza, dà significato e comprensione all'essere.

 

Cos'è il punto di vista della conoscenza pura secondo Sartre e perché è contraddittorio?

Jean-Paul Sartre, nel suo "L'essere e il nulla", affronta la questione della conoscenza e del suo rapporto con l'essere. Secondo Sartre, l'idea di una "conoscenza pura" è contraddittoria in sé. Questo perché una conoscenza che si pretende "pura" sarebbe una conoscenza che non ha un punto di vista, che non è ancorata a una prospettiva. Ma una conoscenza senza punto di vista sarebbe una conoscenza che si pone al di fuori del mondo, che non ha un legame con la realtà che intende conoscere. In altre parole, sarebbe una forma di conoscenza astratta e disconnessa dalla realtà.

Sartre sostiene che non esiste una "conoscenza pura", ma solo una "conoscenza impegnata". Questo significa che ogni atto di conoscenza è inevitabilmente legato a un punto di vista, a una prospettiva. La conoscenza non è mai neutra o disimpegnata; è sempre radicata in una particolare posizione o contesto. E questa posizione o contesto dà forma e direzione all'atto di conoscenza.

Inoltre, Sartre sottolinea che una "conoscenza pura" sarebbe una conoscenza del mondo posta per principio al di fuori del mondo. Questa è una contraddizione in termini, poiché la conoscenza è sempre un modo di relazionarsi con il mondo, di essere nel mondo. Non può esistere una conoscenza che si pone al di fuori di ciò che intende conoscere.

Infine, Sartre afferma che la conoscenza non può essere altro che un nascere implicito a un punto di vista determinato che si è. Questo sottolinea l'idea che la conoscenza è sempre situata, sempre legata a una particolare prospettiva o contesto. Non può esistere una forma di conoscenza che sia al di fuori o al di sopra di queste prospettive.

In sintesi, per Sartre, la conoscenza è sempre "impegnata", sempre legata a un punto di vista. Non può esistere una "conoscenza pura" che sia disconnessa dalla realtà o che si ponga al di fuori del mondo. La conoscenza è sempre un modo di essere nel mondo, di relazionarsi con esso da una particolare prospettiva.

"Il punto di vista della conoscenza pura è contraddittorio; c’è solo il punto di vista della conoscenza impegnata. [ … ] Una conoscenza pura, infatti, sarebbe conoscenza senza punto di vista, quindi conoscenza del mondo posta per principio al di fuori del mondo. [ … ] Così la conoscenza non può essere altro che un nascere implicito a un punto di vista determinato che si è." Sartre

 

 

Perché il per-sé è presenza?

Il per-sé, come Sartre lo descrive, ha una relazione unica con l'essere. Non è semplicemente un'entità che esiste in isolamento; piuttosto, è definito dalla sua relazione con l'essere. Questa relazione è caratterizzata dalla "presenza", un concetto chiave nell'opera di Sartre. La presenza non è una semplice coesistenza o contiguità; è un'esistenza "fuori di sé" e vicino a qualcosa d'altro. Questa presenza richiede un rapporto ontologico, una connessione profonda e intrinseca con l'altro essere.

Il per-sé non può semplicemente esistere accanto a un altro in-sé (un altro oggetto o entità). Deve esserci un legame ontologico, una sintesi, che unisce il per-sé all'in-sé senza che il per-sé diventi quell'in-sé. Questa presenza non è accidentale o concomitante; è una struttura ontologica fondamentale del per-sé. In altre parole, il per-sé non può esistere prima come per-sé e poi diventare presente all'essere. La sua natura di essere-per-sé è intrinsecamente legata alla sua presenza all'essere.

Il per-sé si definisce come presenza all'essere.

E a quale essere il per-sé si fa presenza?

Il per-sé è presenza a tutto l’essere-in-sé. Questo significa che il per-sé non è presente a un particolare essere in isolamento, ma piuttosto a tutto ciò che esiste come in-sé. La sua presenza stabilisce una totalità dell'essere-in-sé, unendo diverse entità in una compresenza nel mondo.

 

La negazione interna è una caratteristica del per-sé ?

Sì, la negazione interna è una caratteristica distintiva del per-sé. Per comprendere meglio questo concetto, esaminiamo alcuni passaggi chiave tratti dall'opera di Sartre:

  • La negazione interna si riferisce a una relazione tra due esseri in cui ciò che viene negato da uno qualifica l'altro, con la sua stessa assenza, nell'intimo della sua essenza. Questo tipo di negazione suggerisce che una delle entità porta l'altra all'interno di sé come una sorta di assenza. Questa forma di negazione non può applicarsi all'essere-in-sé ma appartiene per natura al per-sé. Solo il per-sé può essere determinato nel suo essere da un essere che è diverso da lui. Se la negazione interna appare nel mondo, è attraverso il per-sé che entra nel mondo, come ogni forma di negazione in generale.
  • La negazione interna è un legame ontologico concreto. Non si tratta di una delle negazioni empiriche in cui le qualità negate si distinguono immediatamente per la loro assenza. Nella negazione interna, il per-sé è strettamente legato a ciò che nega. Le qualità negate sono ciò che è più presente al per-sé, da cui trae la sua forza negativa e la rinnova continuamente. Questo tipo di negazione definisce il per-sé in relazione all'in-sé, con l'in-sé che fornisce il contenuto stesso della negazione.

In sintesi, la negazione interna rappresenta un legame essenziale tra il per-sé e l'in-sé, con il per-sé che si determina continuamente a non essere l'in-sé. Questa forma di negazione è fondamentale per comprendere la natura e l'essenza del per-sé nell'opera di Sartre.

 

 

Perché è sbagliata la formula di Spinoza "omnis determinatio est negatio"?

Nel testo "L'essere e il nulla" di Jean-Paul Sartre, l'autore affronta la celebre formula di Spinoza: "omnis determinatio est negatio", che può essere tradotta come "ogni determinazione è negazione". Sartre propone una modifica a questa formula, sottolineando una sfumatura essenziale nella sua interpretazione.

Sartre afferma che la negazione esterna, quella che determina un "questo" in relazione a un "quello", non appartiene né al "questo" né al "quello". Questi termini si limitano reciprocamente senza conferire l'uno all'altro alcun carattere nuovo; rimangono tali e quali sono. In questo contesto, Sartre suggerisce di rivedere la formula di Spinoza, affermando che ogni determinazione, che non appartiene all'essere che deve essere le proprie determinazioni, è una "negazione ideale".

In altre parole, Sartre sta dicendo che la determinazione non è semplicemente una negazione, come suggerito da Spinoza. Piuttosto, una determinazione che non appartiene intrinsecamente all'essere che viene determinato è una forma di negazione ideale. Questo concetto si allontana dalla visione tradizionale di Spinoza, introducendo una distinzione tra la negazione come semplice assenza e la negazione come un concetto più complesso e ideale.

In sintesi, mentre Spinoza vedeva ogni determinazione come una forma di negazione, Sartre propone una visione più sfumata, sostenendo che solo le determinazioni che non sono intrinseche all'essere sono forme di "negazione ideale". Questa interpretazione offre una prospettiva più profonda sulla natura della determinazione e della negazione. La critica di Sartre alla formula di Spinoza riflette la sua visione esistenzialista dell'essere e della negazione, e sottolinea l'importanza di comprendere le sfumature e le complessità dei concetti filosofici.

 

Cos'è la qualità ?

La qualità, secondo Sartre nel capitolo "Qualità e quantità, potenzialità, uso", è l'essere del "questo" considerato al di fuori di ogni relazione esterna con il mondo o con altri "questi". La qualità non è una semplice determinazione soggettiva, e il suo essere come qualità non deve essere confuso con la soggettività dello psichico.

Molte interpretazioni tradizionali hanno concepito la qualità come una caratteristica soggettiva, portando al problema di come si possa oggettivare o unificare diverse qualità in un singolo oggetto. Sartre rifiuta questa visione. Per lui, il giallo del limone, ad esempio, non è un modo soggettivo di conoscere il limone; è il limone stesso. Non c'è un "X-oggetto" separato che tiene insieme diverse qualità. Invece, il limone si manifesta completamente attraverso ciascuna delle sue qualità, e ogni qualità si manifesta attraverso le altre. L'acidità del limone è gialla, e il giallo del limone è acido. Questa interconnessione delle qualità mostra che non sono semplici determinazioni soggettive, ma piuttosto manifestazioni dell'essere dell'oggetto stesso.

In altre parole, la qualità è una manifestazione diretta e intrinseca dell'essere di un oggetto, non una semplice percezione soggettiva o una caratteristica aggiunta dall'esterno. La qualità è ciò che rende un oggetto ciò che è, in tutte le sue manifestazioni e relazioni.

 

Cos'è la quantità ?

La quantità rappresenta una relazione in-sé, ma puramente negativa, di esteriorità. Questa relazione di quantità non appartiene né alle singole entità (o "cose") né alle totalità. La quantità emerge come un riflesso del nulla sull'essere. Essendo una pura relazione di esteriorità tra gli enti, la quantità è anch'essa esterna agli enti stessi e, inoltre, esterna a se stessa. Si tratta dell'indifferenza impercettibile dell'essere, che può manifestarsi solo se c'è dell'essere e che, sebbene appartenga all'essere, può provenire solo da un per-sé.

Questa indifferenza non può manifestarsi se non attraverso l'esteriorizzazione all'infinito di un rapporto di esteriorità che deve essere esterno all'essere e a se stesso. In questo contesto, spazio e quantità sono visti come un unico tipo di negazione. La quantità e lo spazio vengono al mondo a causa del fatto che le entità si manifestano come non avendo alcun rapporto con l'essere che è il proprio rapporto. In altre parole, la quantità rappresenta il nulla del rapporto tra le cose.

In sintesi, la quantità, per Sartre, non è una proprietà intrinseca delle cose, ma piuttosto una relazione esterna e negativa che emerge dalla relazione tra le cose e il nulla. Essa rappresenta l'indifferenza dell'essere e si manifesta attraverso la distanza e l'esteriorità tra gli enti. La quantità è, quindi, una manifestazione del nulla nell'essere e rappresenta la pura esteriorità delle relazioni tra gli enti nel mondo.

 

Cos'è la potenzialità?

 

Sartre esplora la natura della potenzialità in relazione all'essere. La potenzialità, come viene descritta, non è qualcosa che esiste in modo statico o fisso, ma piuttosto si "possibilizza", ovvero emerge e si manifesta attraverso la libertà del per-sé.

Un esempio fornito riguarda la "sete". La sete è tridimensionale: rappresenta una fuga da uno stato di vuoto che il per-sé era. Questa fuga conferisce al passato il suo carattere di vuoto o di mancanza. La sete, in quanto tale, è sia una mancanza che il per-sé si fa essere, cioè ciò che manca alla negazione presente. Questa mancanza è direzionata verso qualcosa, ed è questa direzione che le dà significato. La sete, quindi, può essere vista come una mancanza che si manifesta in relazione a qualcosa che potrebbe soddisfarla, come l'acqua.

La potenzialità è legata alla mancanza e alla libertà del per-sé. Mentre le "potenzialità" o "probabilità" sono legate all'essere e sono manifestazioni dell'in-sé, i "possibili" del per-sé non sono fissi ma si "possibilizzano" attraverso la libertà del per-sé. Questo significa che, indipendentemente da quale possibile si manifesti, il suo contrario è altrettanto possibile. Ad esempio, un calamaio può essere rotto o messo a posto; entrambe le azioni sono possibili.

In sintesi, la potenzialità in Sartre rappresenta le possibilità emergenti che sono intrinsecamente legate alla libertà del per-sé e alla sua natura come mancanza. Queste potenzialità non sono determinate o fisse, ma emergono e si manifestano attraverso le azioni e le scelte del per-sé. La potenzialità è, quindi, una manifestazione della libertà esistenziale dell'individuo.

Come supera il solipsismo Sartre?

 

Jean-Paul Sartre affronta la questione del solipsismo nel contesto della sua ontologia fenomenologica. Il solipsismo è la posizione filosofica secondo la quale solo la propria mente è sicura di esistere, e tutto ciò che esiste al di fuori di essa potrebbe non essere reale. Questa posizione solleva dubbi sulla realtà degli altri e sulla possibilità di una conoscenza oggettiva del mondo esterno.

Nella filosofia di Sartre, il concetto di "per-sé" (la coscienza o l'essere-umano) è centrale. Il "per-sé" è definito dalla sua capacità di negazione, dalla sua libertà e dalla sua distanza da se stesso. Questa distanza crea una mancanza o un vuoto all'interno del "per-sé", che cerca costantemente di colmare attraverso progetti e azioni nel mondo.

Sartre sostiene che la coscienza è sempre coscienza di qualcosa, il che significa che è sempre rivolta verso il mondo esterno. Questa esteriorità è fondamentale per la struttura della coscienza. Inoltre, la presenza degli "altri" è essenziale per la definizione del sé. Gli altri non sono solo oggetti nel mondo del "per-sé", ma sono essenziali per la sua autocomprensione e autodefinizione. Attraverso la relazione con gli altri, il "per-sé" diventa consapevole di se stesso come soggetto e come oggetto per gli altri.

In questo contesto, il solipsismo viene superato attraverso la relazione intrinseca tra il "per-sé" e il mondo, e tra il "per-sé" e gli altri. La realtà degli altri non è solo una costruzione della mia coscienza, ma è una parte essenziale della mia esistenza e della mia comprensione di me stesso nel mondo.

In sintesi, Sartre supera il solipsismo sottolineando l'interdipendenza tra il "per-sé", il mondo e gli altri. La coscienza non è isolata, ma è sempre in relazione con il mondo esterno e con gli altri esseri umani. Questa relazionalità è fondamentale per la struttura dell'essere e per la comprensione di se stessi.

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